L’Ucraina, al di là delle semplificazioni e banalizzazioni della stampa mainstream circa le contrapposizioni tra filo-russi e filo-europei – viste quasi come opposte tifoserie calcistiche – è divenuta da tempo uno dei teatri di scontro tra Russia ed Occidente (Usa-Ue-Nato). È noto il peso che proprio l’Occidente ha giocato per strumentalizzare il malcontento contro la corruzione e le difficili condizioni di vita, per trasformarlo in destabilizzazione politica e sociale e orientarlo – tramite un’opposizione anche violenta e armata – in funzione anti-russa e pro-Ue. È stato un incessante lavorio che a portato ad attizzare storiche divisioni e antichi odi etnici di un Paese che, nella sua storia, è stato oggetto di plurime spartizioni, annessioni, influenze (Germania, Polonia e Russia).
In un’ottica geo-politica tra potenze planetarie, è ormai assodata una vittoria dell’Occidente che controlla con suoi uomini il governo de facto insediatosi a Kiev e vanta quindi la caduta di un’altra pedina di quella che fu l’Unione Sovietica. Così come è assodata per Mosca la minaccia rappresentata dal pericoloso avvicinarsi dei missili Nato (cioè Usa) a ridosso del proprio paese. Ciò in palese violazione degli accordi che furono conclusi nel 1991 in base ai quali, al ritiro delle truppe russe, conseguente riunificazione della Germania e scioglimento del patto di Varsavia, avrebbe corrisposto da parte dell’Occidente lo smantellamento della Nato e la neutralità dei paesi ex-socialisti che avevano fatto parte del sistema d’influenza (e di sicurezza) dell’URSS, conforme agli esiti della seconda guerra mondiale.
Nell’armamentario usato dagli Stati Uniti per indebolire e isolare la Russia, lo strumento energetico – gas e petrolio russi che attraversano l’Ucraina e alimentano le esigenze di vita e lavoro di importanti paesi dell’Unione europea – ha un ruolo strategico, come strategica è la mano che manovrerà i rubinetti dell’oro nero.
Se essa sarà, come tutto fa ritenere, una mano americana, i proventi russi subiranno un’importante caduta (con ovvie conseguenze sulla stabilità stessa dell’attuale leadership di Putin) e gli Stati Uniti potranno più agevolmente interferire nei rapporti e nelle reciproche interdipendenze tra Ue e Russia.
Ma l’America non si accontenta di interferire. Nonostante la potente e prudente presenza del colosso Cina e il dinamismo dei Brics testimonino di un mondo che si volge a essere multipolare, Washington pretende di incarnare l’unica vera potenza del Pianeta. Forte dell’ ancora incomparabile forza militare, cerca di mettere “ordine” nei vari scacchieri, in primis quello europeo, ipotizzando sé stessa come nuovo fornitore di energia (gas di scisto e petrolio bituminoso) per la vecchia Europa, con ciò dissuadendo i pur timidi tentativi di delineare un’autonoma politica estera europea. Si ricordi che la Germania non ha partecipato all’aggressione contro la Libia, il parlamento inglese ha votato contro un attacco alla Siria, la Spagna si ritirò dall’Iraq.
Si tratta tuttavia di scelte isolate: l’Ue, ben lungi dall’esprimere una sua coerente politica estera, rimane un bacino mercantile ove spadroneggiano liberamente banche e finanza speculative. E tuttavia i suoi tentennamenti rispetto ad una decisa politica antirussa (consapevole dei forti legami d’affari e della dipendenza energetica dal vicino slavo), “giustificano” la guerra energetica degli Stati Uniti.
Saranno anche loro a determinare nell’immediato il prezzo del gas russo che passa per l’Ucraina, sperando fra 6-7 anni – attraverso una dispendiosa operazione infrastrutturale, che implica la liquefazione, il trasporto via mare e la rigassificazione dell’energia americana – di sostituirsi alla Russia quale fornitore dell’UE, con ciò ottenendo una dipendenza e quindi un assoluto, disciplinato allineamento europeo alla loro strategia imperiale.
La partita resta aperta, perché questo grandioso progetto pare partorito da una megalomane illusione che non tiene conto delle molte variabili in corso:
1) la Russia, almeno fino agli Urali, è europea; 2) il progetto riformista-moderato del “gigante incatenato” di Schulz e quello radicale di “Un’altra Europa con Tsipras” (cioè di più Europa politica, di più modello sociale, di meno dipendenza dai mercati), hanno oggi le stesse chance dell’ipotesi di implosione dell’eurozona; 3) le aspirazioni alla pace di 600 milioni di europei (inclusi molti milioni di russi), passano attraverso una politica di buon vicinato e collaborazione tra Ue e Russia.
L’irresponsabile disegno di isolamento e destabilizzazione di quest’ultima – che comunque fra 6-7 anni potrebbe riconvertirsi in esportatore energetico dell’immenso mercato cinese – è funzionale al progetto di guerra americana alla Cina (documentato dal PNAC – Progetto per un Nuovo Secolo Americano – che già sul finire del XX secolo prevedeva che nel 2017 la Cina sarebbe divenuta il pericolo principale per la sicurezza degli Stati Uniti), ovvero ad un conflitto nucleare mondiale dagli esiti catastrofici per il Pianeta.
Ragionando da Europei, non c’è chi non veda che la lotta per la pace e la convivenza pacifica tra i popoli, passa oggi, nel conflitto ucraino, attraverso un sostegno alla parte minacciata (la Russia) e contro la parte portatrice di scopi aggressivi ed espansionistici (Usa e Nato).
Rimane l’interrogativo sui motivi che hanno portato ad un’accelerazione sanguinosa dello scontro, stante che alle elezioni del 2015 l’Ucraina avrebbe comunque voltato pagina, che la sovversione e i miliardi di dollari stanziati dal Pentagono per finanziare fondazioni e ONG dedite “alla democrazia e diritti umani” e l’addestramento armato di paramilitari in Polonia e successivamente nelle Repubbliche baltiche, avrebbe fruttato l’inglobamento pacifico e legale dell’Ucraina nella Nato e nell’UE, tramite un copione già ampiamente sperimentato nei Paesi già appartenenti al blocco ex-comunista.
È possibile che i motivi dell’accelerazione risiedano nel rischio di collasso finanziario degli USA causato da un debito pubblico gigantesco (in gran parte comprato dalla Cina) e nella necessità di giocare d’anticipo rispetto al momento in cui milioni di persone capiranno che l’origine della crisi non viene da un nemico esterno, ma dall’interno del sistema stesso che ha bisogno di crescere (consumare) all’infinito, mentre le “finite” risorse energetiche, idriche, alimentari andrebbero redistribuite secondo criteri compatibili con l’epoca prossima della scarsità e della transizione ad un nuovo e sostenibile equilibrio ambientale Uomo-Terra.
In questo quadro che ha dell’apocalittico ma che si fonda sulle concordi risultanze dell’intera comunità scientifica, si capisce meglio la volontà di velocizzare la firma del TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti). Qualcuno lo ha ribatezzato “NATO economica”. È un trattato che UE ed USA stanno negoziando nel segreto più assoluto, ed è finalizzato – tramite lo smantellamento di ogni regola di protezione e precauzione dell’ ambiente, della salute,del lavoro, dei servizi pubblici e della democrazia – a creare una vasta area di libero scambio, che a regime sarà governata “senza intralci” dalle più potenti multinazionali economico-finanziarie.
Qualora questo Trattato venisse approvato (e la Commissione uscente è intenzionata a mettere il nuovo Parlamento europeo davanti al fatto compiuto), sul mercato europeo circolerebbero liberamente gli organismi geneticamente modificati, la carne nutrita ad ormoni e antibiotici o i polli al cloro (tutti cancerogeni).
Avanti Tribunali speciali costituiti da avvocati d’impresa (giurisdizione domestica) competenti ad emettere decisioni non appellabili, ricorrerebbero, esemplificando, le multinazionali del tabacco per ottenere risarcimenti milionari in quanto “danneggiate” dalle leggi antifumo.
O ricorrerebbero le multinazionali dell’acqua contro lo Stato italiano che approvasse finalmente una legge rispettosa del referendum del 2011.
O ancora si appellerebbero contro i divieti/ moratorie europei nei confronti del fracking (territorio trivellato alla ricerca del gas di scisto e del petrolio bituminoso), fin qui emessi in osservanza del “principio di precauzione”, al fine di verificare i possibili danni alla salute e sicurezza ambientale derivanti da questa micidiale tecnologia estrattiva.
Ecco allora l’urgenza di costrire ([url”stop-ttip-italia.net”]http://stop-ttip-italia.net/[/url]) un combattivo fronte europeo a difesa dei diritti dei suoi cittadini, dei lavoratori e della pace, che nella sua agenda collochi fra le priorità quella di pretendere che il TTIP esca dalla segretezza delle trattative tra Usa e Commissione europea (in scadenza), al fine di contrastare lo smantellamento completo del modello sociale europeo e il disegno di un’Europa al servizio dei mercati e delle multinazionali, per riaffermare ad un trasparente tavolo di negoziazione i diritti sociali e del lavoro, i beni comuni quali diritti umani universali (all’acqua, all’istruzione, alla salute), in definitiva uno dei fondamenti portanti dell’identità europea, quello che forse giustifica più di ogni altro l’esistenza stessa di istituzioni di portata continentale come l’Unione europea, che invece ha usurpato e snaturato profondamente questa necessità.
Note bibliografiche
G. Chiesa, Cronache Marxziane, Fazi 2005
G. Chiesa e P.Cabras, Barack Obush, Ponte alle Grazie, 2011
G. Chiesa, Invece della Catastrofe, Piemme 2013
G. Chiesa, Ucraina: un’arma contro Russia ed Europa,www.megachip-globalist.it, 18.3.2014
S. Pieranni, I finanziatori della rivolta “on demand”, Il Manifesto, 1 aprile 2014
M. Niss, H. Schmidt “Contro Putin è sbagliata la linea dura” la Repubblica, 27.3.2014
J. Hilary, Il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti,Rosa-Luxemburg-Stiftung, Ufficio Bruxelles, 2014
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