“Ci vogliono tutti morti”: un tweet di una ragazza nigeriana fotografa la nuova giornata di sangue in Nigeria con decine di morti, “in gran parte donne”, causati dall’esplosione di almeno due autobomba a Jos, Stato centrale del Paese. Il bilancio ufficiale, sia pure ancora provvisorio, fornito dall’agenzia nazionale della gestione delle crisi (Nema) parla di “almeno 118 morti”.
Secondo i media locali, che citano fonti ospedaliere, le vittime sarebbero già 200. “La gente correva ovunque, tanti erano coperti di sangue”, ha raccontato un testimone. Le esplosioni, due secondo le autorità, tre secondo fonti citate della Cnn, hanno preso di mira una stazione di taxi in una delle vie commerciali più affollate della città con un camion carico di esplosivo. Poi, in uno schema terroristico targato al Qaida già visto in Afghanistan, Iraq e Libano, un’altra esplosione, circa 20 minuti dopo, con un’auto saltata in aria poco distante nei pressi del Terminus market, mentre i soccorritori portano i primi aiuti. Terribile la scena: “I cadaveri sono carbonizzati sarà difficile riuscire a identificarli”, racconta un testimone.
“Si tratta di un episodio gravissimo, non imputabile ai conflitti etnico-religiosi” che attanagliano la regione da decenni, spiega all’ANSA Lionello Fani, un italiano della Onlus Apurimac attiva in città per mitigare i contrasti locali. Jos, capitale dello Stato di Plateau, è infatti il crocevia degli scontri violenti tra pastori cristiani e musulmani. “Subito dopo l’attentato alcuni ragazzi cristiani hanno messo in piedi dei checkpoint, ma le autorità religiose stanno mediando per evitare altra violenza”, spiega Fani, da 6 anni in Nigeria. Non sembrano esserci dubbi sulla matrice dell’attacco terroristico, riconducibile a Boko Haram, che alla vigilia di Natale del 2010 aveva colpito Jos con un attentato costato la vita a oltre 80 persone.