di Argentino Tellini
La tappa era la più terribile del Giro: 134 chilometri da Ponte di Legno ( località dalla quale Umberto Bossi lanciava i suoi strali estivi, ricordate!) a Val Martello, passando per lo Stelvio e per il Gavia, prima della terribile ascesa finale, affrontata dai corridori con i muscoli spezzati dalle fatiche precedenti e le membra intorpidite dal freddo patito in quei due passi, più adatti agli stambecchi che agli uomini.
Ma il piccolo muflone sardo Fabio Aru ha limitato i danni e non ha avuto paura, lui che conosceva di più le nostre montagne del Gennargentu, che al confronto di quelle vette, dove osano solo le aquile solitarie, sono solo poco più che colline. Il colombiano Quintana oggi era imprendibile, ha staccato tutti, vincendo la tappa e probabilmente il Giro d’Italia. Fabio non ha mollato, anzi nel finale ha attaccato ancora, come solo i grandi sanno fare: è finito sesto, staccando l’ex maglia rosa Rigoberto Uran, e ora è sesto anche in classifica generale, addirittura prima fra gli italiani. Un’altra gioa incredibile per il ragazzo ventiquattrenne di Villacidro, che è arrivato al traguardo stremato e quasi non riusciva a parlare col telecronista di turno che lo ha intervistato a fine gara. ” Oggi tutti i corridori del Giro meritano un abbraccio, per quello che hanno fatto, in queste condizioni terribili”, sono le uniche parole che Aru è riuscito a dire, senza riuscire quasi a respirare; poi è stato sequestrato dal suo direttore sportivo, che lo ha portato immediatamente al caldo nell’ammiraglia.
Oramai è Fabio Aru la speranza del ciclismo italiano e lo dimostra ogni giorno che passa, affrontando i suoi avversari di livello mondiale col piglio del campionissimo. Forse non riuscirà a vincere il Giro, oltre tre minuti e mezzo da Quintana in classifica sono difficili da recuperare, ma per le emozioni che sta regalando ai milioni di tifosi italiani e a tutto il popolo sardo è come se l’avesse vinto.
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