La Turchia si schiera ufficialmente contro la minaccia jihadista dell’isis, che si avvicina ogni giorno di più verso le frontiere della vicina Siria. Il Parlamento turco ha dato l’ok definitivo alle operazioni militari contro lo Stato Islamico, oltre che concedere l’uso del proprio territorio agli altri Paesi che fanno parte della coalizione internazionale capeggiata dagli Stati Uniti.
Le forze jihadiste combattono ormai a poche centinaia di metri dal centro di Kobane, la terza città curda, nel nord della Siria, di cui cercano di impossessarsi da quando hanno lanciato una vasta offensiva nella regione, il 16 settembre scorso. Alcune centinaia di membri delle milizie di autodifesa curde (Ypg) oppongono un’accanita resistenza rimanendo asserragliati nella città, da cui nei giorni scorsi 160.000 civili sono fuggiti cercando scampo in territorio turco. I raid della Coalizione internazionale sulle posizioni dei jihadisti non sono bastati negli ultimi giorni a fermare l’avanzata dello Stato islamico, dal sud e dall’est di Kobane. E se la città dovesse cadere nelle sue mani, l’Isis si troverebbe a controllare un vasto settore della frontiera con la Turchia. È questo pericolo ad avere determinato il cambio di rotta di Ankara, in un primo tempo restia ad entrare nell’alleanza con gli Usa per combattere lo Stato islamico. Un cambiamento favorito anche dalla liberazione di 46 ostaggi turchi che da giugno erano tenuti prigionieri dai jihadisti a Mosul, in Iraq.
Intervento. La nuova politica interventista del governo ha ottenuto un appoggio convinto dal Parlamento, che ha approvato la proposta con una schiacciante maggioranza di 298 voti favorevoli e 98 contrari. Ma ieri, parlando davanti al Parlamento, il presidente Recep Tayyip Erdogan, ha messo in chiaro che, insieme alla lotta contro gli estremisti musulmani sunniti, resta una priorità di Ankara la fine del regime di Bashar al Assad. Sempre in Siria ieri alcune centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Homs, riconquistata nella primavera scorsa dalle forze lealiste, per chiedere la destituzione del governatore, che accusano di avere nascosto la gravità di un duplice attentato in cui l’altro ieri sono morte 53 persone, di cui 46 bambini. Intanto in Iraq almeno 42 soldati sono stati uccisi in un’offensiva dello Stato islamico nel distretto di Hit, 150 chilometri a ovest di Baghdad. Lo ha riferito l’agenzia irachena Nina, aggiungendo che l’attacco sarebbe stato tuttavia respinto grazie ai raid aerei della Coalizione internazionale. Combattimenti sono segnalati anche nella provincia di Salahuddin, a nord di Baghdad, dove la Coalizione internazionale ha compiuto raid nei distretti di Dhuluiya, Yathrib e Balad.
Anche l’Australia contro lo Stato Islamico. L’Australia si unirà alle forze internazionali che combattono contro lo Stato Islamico in Iraq. Ad annunciarlo è stato oggi il premier Tony Abbott. Il governo, ha reso noto, ha autorizzato le forze aeree a condurre raid contro l’Is e le forze speciali a svolgere un ruolo di consulenza ed assistenza alle forze irachene impegnate a contrastare i jihadisti. «L’Is ha dichiarato guerra al mondo. Il mondo sta rispondendo», ha dichiarato Abbott, parlando con i reporter a Canberra. «Voglio rassicurare il popolo australiano sul fatto che l’operazione »sarà lunga il tempo necessario, ma il più breve possibile«.