Questo è il profilo “tipo” del giovane che parte ad arruolarsi in Siria o in Iraq, in contrasto con gli stereotipi diffusi, che emerge da uno studio del Centro di prevenzione delle derive settarie (Cpdsi), realizzato sulle testimonianze di più di 160 famiglie. Sono ragazzi dal profilo “ordinario”, ha fatto notare la ricercatrice e antropologa Dounia Bouzar, fondatrice del Cpdsi.
Più in dettaglio, dallo studio emerge che la grande maggioranza di questi giovani hanno un’estrazione sociale media (67%) e non popolare come spesso si pensa (16%). Solo il 17% di loro vengono da famiglie più benestanti. Solo il 5% di questi giovani, si apprende ancora, ha commesso atti di piccola delinquenza. Sono soprattutto (40%) giovani “iper sensibili” che hanno conosciuto periodi di “depressione” e “si pongono delle domande sul senso della vita”.
Gli aspiranti jihadisti, che si convertono all’Islam radicale, non crescono in famiglie musulmane praticanti. L’80% di loro proviene da famiglie che si dichiarano “atee”. E solo il 10% ha genitori immigrati. Internet e i social network sono nel 91% dei casi i principali strumenti utilizzati dai gruppi terroristi per reclutare nuovi giovani combattenti.