Terrorismo e Kriegideologie: l’ideologia della guerra e della morte
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Terrorismo e Kriegideologie: l’ideologia della guerra e della morte

In Occidente abbiamo davvero le mani pulite per poter dare lezioni di civiltà e democrazia? La risposta non è poi così scontata.

Terrorismo e Kriegideologie: l’ideologia della guerra e della morte
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12 Gennaio 2015 - 19.18


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di Domenico Fargnoli

Personalmente, il fondamentalismo islamico e la mentalità di cui è espressione mi suscita orrore: esso si colloca agli antipodi della mia concezione dell’uomo, della civiltà e della storia. Massima condanna quindi nei confronti degli atti terroristici in Francia. Quest’ultima comunque ha qualche scheletro nell’armadio che sembra riemergere come un’eco lontana della battaglia di Algeri e delle atrocità del colonialismo compiute in un tempo non particolarmente remoto da una civilissima nazione che è stata la culla dei valori fondanti la democrazia. Per non dire dell’orgoglio guerresco, la grandeur de la France, suscitato dai recenti bombardamenti libici che hanno lasciato sul campo più problemi di quanti ne abbiano risolti. Non mi inoltro in considerazioni sulla natura dell’uomo, più o meno buona o malvagia o sulla retorica dei sentimenti dei valori del mondo occidentale e sulla necessità di far trionfare il mito illuministico del progresso sopra la barbarie. Il secolo scorso ha visto un’altra civilissima nazione la Germania, che oggi si indigna nella sfilata dei capi di stato a Parigi, regredire ad una mitologia medioevale di dominio del mondo. Risultato: i campi di concentramento, l’olocausto e qualche centinaio di milioni di morti oltre a sofferenze fisiche e psicologiche inenarrabili per i sopravvissuti. Chiediamoci quante altre sofferenze e morti oggi la crisi ha innescato in Europa in ossequio ai valori del profitto e allo strapotere dell’economia nell’epoca della globalizzazione. Una guerra senza cannoni combattuta dai caveaux delle banche.

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Abbiamo davvero le mani pulite per poter dare lezioni di civiltà e democrazia?

Ho visto in questi giorni, per quella che potrebbe sembrare una coincidenza, American sniper il film mediocre diretto da Clint Eastwood. Un cow boy texano entra a far parte delle truppe speciali i Seals e grazie alla sua infallibile mira diventa una leggenda durante la prima guerra dell’Iraq. Come cecchino uccide più di 160 potenziali ” terroristi” fra cui donne e bambini. Rimane volontariamente in guerra per tre anni nonostante lo reclami la famiglia e la presenza di due figli: sente di dover assolvere al compito di difendere il suo paese, gli USA senza chiedersi se la guerra che combatte opponga i buoni ai cattivi o se al contrario essa sia intrinsecamente sbagliata. Senza la giustificazione della difesa dei valori della libertà e senza la divisa dei Seals il cow boy texano sarebbe solo un serial killer o un omicida di massa. In effetti alla fine egli soccombe agli esiti psicologici del suoi reiterati atti di morte e dei sensi di colpa più meno razionalizzati o deviati. Il cecchino, tornato alla vita civile viene ucciso, con un gesto apparentemente incomprensibile da un veterano che egli cercava di aiutare ma che, come lui, ha perso la stabilità mentale. Un omicidio innescato da una tendenza depressiva e suicida neanche tanto latente.

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L’Isis nel nome del quale si compiono oggi gli attentati in Francia è il risultato tardivo delle guerre in Iraq che hanno avuto l’effetto paradossale di amplificare fenomeno del terrorismo conferendo ad esso la dignità dell’appartenenza ad una pseudo-nazione, un califfato in guerra. I terroristi islamici francesi sono martiri dell’anti-democrazia cosi come l’American sniper era stato una vittima, anche se inconsapevole dell’ipocrisia democratica dei Bush. L’industria cinematografica , americana, e non solo essa, non perde occasione per trarre enormi profitti da quella che un tempo, nel periodo nazista, si chiamava Kriegideologie : l’ideologia della guerra e della morte. In nome di questa ideologia, artisti come Boccioni e filosofi come Wittgenstein sono andati a combattere come volontari. Il memento mori, attivato dall’esperienza del fronte è stato l’imperativo di una generazione che poi ha dato vita al fascismo e al nazismo ed innescato una nuova e sanguinosa guerra mondiale.

Articolo originale pubblicato su [url”domenicofargnoli.com”]http://domenicofargnoli.com/[/url]


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