I curdi cacciano l'Isis e riconquistano Kobane
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I curdi cacciano l'Isis e riconquistano Kobane

Kobane è tornata nelle mani dei combattenti curdi dopo ben quattro mesi di scontri all'ultimo sangue.

Kobane liberata
Kobane liberata
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26 Gennaio 2015 - 14.01


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Finalmente ci siamo: Kobane è tornata sotto il controllo dei combattenti curdi. Ad affermarlo è stato l’osservatorio siriano per i diritti umani, basato a Londra. L’Ong segnala sporadici combattimenti in due sobborghi, dove c’è una residua presenza dei jihadisti. Gli attivisti pubblicano su Twitter le foto della bandiera curda sulla collina di Kobane.

Il Giappone intanto è determinato a usare “tutti i mezzi possibili” pur di ottenere il rilascio di Kenji Goto, il reporter freelance nelle mani dei militanti dell’Isis, cercando la collaborazione di altri Paesi, Giordania in testa. Lo ha affermato il premier Shinzo Abe nell’incontro avuto coi parlamentari del suo partito, il Liberaldemocratico, poco prima dell’avvio della sessione ordinaria di 150 giorni della Dieta.

L’immagine di Goto, diffusa online sabato, con la foto che mostra presumibilmente la decapitazione dell’altro ostaggio Haruna Yukawa, è stata ritenuta da Abe e da altri funzionari del governo “probabilmente autentica” (LEGGI). Il portavoce dell’esecutivo, Yoshihide Suga, ha affermato in conferenza stampa che la voce del messaggio audio allegato all’immagine è “altamente probabile” sia quella di Goto, malgrado sua madre, Junko Ishido, abbia espresso perplessità, soprattutto sulla qualità dell’inglese parlato. “Gli esperti stanno facendo le analisi – ha osservato Suga -, ma il governo non può negare che sia la voce di Goto. E’ altamente probabile che lo sia”. Abe, nel corso della riunione di gabinetto di questa mattina, ha invitato i ministri a fare ogni sforzo per salvare la vita del reporter, ha riferito ancora Suga.

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Isis reclutava combattenti in università Algeria. La gendarmeria algerina ha smantellato una rete di ‘reclutatori’ di combattenti per l’Isis che agiva in cinque città del Paese, tra cui la capitale, facendo opera di proselitismo soprattutto tra i giovani. I ‘reclutatori’, organizzati in due distinte reti, agivano, oltre che ad Algeri, anche a Tlemcen, Ghardaïa, Guelma e Oued Souf, dove sono state arrestate complessivamente 27 persone.

Tra esse c’è anche una ragazza di 22 anni, studentessa dell’Università di Tlemcen, che secondo l’accusa indottrinava dei colleghi per convincerli ad arruolarsi nelle file dell’Isis. Il ”cervello’ della rete sarebbe stato individuato in Marocco, dove sarebbe stata organizzata la creazione di quattro cellule di reclutamento anche in altri Paesi oltre all’Algeria. Secondo quello che oggi anticipano alcuni media algerini, il reclutamento vero e proprio era preceduto da un indottrinamento fatto grazie al web e che aveva come principali destinatari i giovani algerini, sia studenti che tra i ragazzi meno abbienti e quindi più permeabili alla incessante propaganda islamista.

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Stando alle indagini dell’intelligence algerina, l’opera di ”formazione” dei combattenti avrebbe attecchito soprattutto tra i giovani della minoranza mozabita,da tempo contrapposta alla maggioranza araba, tanto che la sua rabbia sfocia spesso in dure proteste. I giovani mozabiti, in particolare, sarebbero stati indirizzati verso le formazioni combattenti dell’Isis in Siria.

Il califfato proclamato da Abu Bakr al Baghdadi è già presente in Algeria con il gruppo Djound El Khilafa, che ha rivendicato il rapimento e la decapitazione del turista francese Hervé Gourdel. Dopo l’uccisione dell’ostaggio (che fu l’occasione per il gruppo di proclamare la sua affiliazione all’Isis) l’Esercito algerino ha scatenato una offensiva che ha portato alla decimazione degli effettivi della milizia, con l’uccisione del suo capo, Abdelmalek Gouri.

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