La diplomazia delle icone di Vladimir Putin
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La diplomazia delle icone di Vladimir Putin

Non sono oggetti qualsiasi, ma opere che tendono a non essere mai banali, e a rivestire significati culturali – e anche politici - profondi. Dal Papa a Tsipras.

La diplomazia delle icone di Vladimir Putin
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10 Aprile 2015 - 11.57


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di Giuseppe Masala

Si può parlare di una vera e propria “diplomazia delle icone” da parte di Vladimir Putin: ovvero l’uso di regalare ai propri interlocutori stranieri icone dall’alto significato simbolico e che metaforicamente spiegano la posizione della Russia sulla situazione internazionale e sui rapporti tra la Russia e la nazione di cui il rappresentante è stato omaggiato. Non si tratta di oggetti qualsiasi, ma di opere che tendono a non essere mai banali, e a rivestire significati culturali – e anche politici – profondi.

Il primo caso evidente di “diplomazia delle icone” si ebbe durante la visita di Vladimir Putin in Vaticano: Papa Francesco fu omaggiato di una bella riproduzione della Madonna di Vladimir (Vladimirskaja). Questa icona ha un profondo significato simbolico: su ordine di Stalin, fu fatta volare – su un aereo – sopra Mosca durante l’assedio nazista del 1941 per invocare la sua protezione. Chiaro ed evidente il significato metaforico del regalo in questo secolo: la Russia si sente sottoposta all’assedio delle potenze occidentali come ai tempi della seconda guerra mondiale. L’uomo del Cremlino trovava in Papa Francesco un interlocutore attento, anche lui portato a voler contenere significati vasti in involucri apparentemente semplici. In molti hanno notato che quando Bergoglio si affacciò per la prima volta da papa davanti alla folla di San Pietro si autodefinì soltanto “Vescovo di Roma”, usando fra i tanti suoi titoli quello più umile che avesse a disposizione per uno slancio ecumenico verso il mondo ortodosso.

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In occasione della recentissima visita a Mosca del premier greco Alexis Tsipras abbiamo avuto un nuovo capitolo di questa curiosa “diplomazia delle icone”. Vladimir Putin ha regalato a Tsipras un’icona di San Nicola e di San Spiridione. Anche questa ha una storia particolare: fu rubata alla Grecia dagli occupanti nazisti e dopo anni fu riacquistata da un collezionista russo. Evidente anche qui il significato simbolico: la Russia considera la Grecia una nazione sotto occupazione e può restituirle la sua sovranità.

La figura di San Nicola sembra caricarsi di significati che assorbono le traiettorie culturali diversissime che percorre. In Occidente è diventato persino Santa Klaus, e la Coca Cola l’ha rilanciato vestito di rosso su tutti i cieli dall’Artico in giù, da noi con il nome di Babbo Natale. Ma non era finlandese, e nemmeno di Bari (dove sta una parte delle spoglie mortali), né di Venezia (dove sta l’altra parte delle reliquie ossee). San Nicola è nato invece nel territorio dell’attuale Turchia, mentre San Spiridione è nato sul territorio dell’attuale Cipro. I meno ferrati teologicamente suggeriscono un’interpretazione certo forzata, ma indubbiamente suggestiva: l’icona regalata sembra segnalare al premier greco la strada da percorrere per ottenere l’indipendenza e ritrovare la sovranità, ossia fare come la Turchia, che ha accettato di far passare il gas russo, e come Cipro, che ha accettato di ospitare una base navale e una aerea delle forze armate russe. Interpretazione troppo azzardata, poco credibile? Dall’altro lato, il versante occidentale di Santa Klaus, ormai troppo carente di doni per i greci, appare persino meno credibile.

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