Esito drammatico, per una storia terribile. Il tribunale di Kabul ha emesso quattro condanne a morte per i responsabili del linciaggio in piazza di Farkhunda, la donna di 27 anni picchiata a morte il 19 marzo nella capitale afghana da una folla inferocita che la accusava di aver profanato copie del Corano e che ha dato alle fiamme il suo corpo. La pena capitale è stata inflitta a Zain-ul-Abedin, Mohammad Yaqoob, Mohammad Sharif e Abdul Bashir. I quattro possono presentare appello.
L’accusa nei confronti della vittima era quella di aver bruciato copie del Corano, ma la commissione d’inchiesta incaricata dal presidente afghano Ashraf Ghani di far luce sulla vicenda non ha trovato prove che dimostrassero la profanazione del libro sacro all’Islam e il 2 aprile ha dichiarato la donna “innocente”.
Il processo a carico di 49 imputati, tra cui poliziotti accusati di negligenza, era iniziato sabato a Kabul. La prima udienza è stata trasmessa in diretta televisiva. L’omicidio di Farkhunda ha innescato una serie di proteste di piazza a a Kabul, Herat e Mazar-i-Sharif contro le forze della sicurezza afghana accusate di non aver fatto nulla per impedire l’uccisione della ragazza. Tredici funzionari sono stati sospesi per “negligenza” dal ministero dell’Interno, compreso il portavoce della polizia di Kabul, Hashmatullah Stanikzai.
Oltre ai quattro condannati a morte per impiccagione, ad altri otto imputati sono stati inflitti 16 anni di carcere, mentre 18 sono stati rilasciati per assenza di prove, come riferisce l’emittente al-Jazeera.