Nel grande rischio del referendum di domenica voluto da Tsipras, che riguarda non solo Atene, ma il futuro di tutt’Europa, chi rischi di più è proprio il governo ellenico.
La mossa di gettare a sorpresa sul tavolo delle trattative con l’Eurogruppo, all’ultimo momento, l’annuncio del referendum si conferma mossa avventata e ambigua. Può essere letta in chiave di politica interna per una legittimazione – approvazione – popolare della linea tenuta dalla Grecia nella difficile trattativa a Bruxelles; ma anche una estrema pressione – ricatto – nei confronti delle istituzioni europee e del Fondo Monetario Internazionale, il più attivo quest’ultimo nel porre in luce la inesorabile scadenza del debito. In effetti il maggiore e vero interlocutore è stata la cancelliera Merkel che, insieme ad Hollande, ha continuato a mantenere un filo di contatto con Tsipras. C’è stato anzi qualcosa di più: da Berlino hanno reso pubblica una telefonata con il Presidente Obama, con il comune auspicio che la Grecia restasse comunque nell’Eurozona.
Il referendum resta però una grande incognita. Soprattutto per Tsipras, vista la grande mobilitazione per il SI, che rappresenterebbe una clamorosa sconfitta per il Governo. Ma anche la vittoria del No, che salverebbe Tsipras, non sarebbe facile da gestire. Il Governo si regge su una maggioranza sinistra-destra, una destra estrema fortemente nazionalista e anti-euro; diverrebbero più complicate e difficili le nuove trattative con Bruxelles. Trattative comunque indispensabili perché lo stesso Tsipras ha sempre sostenuto di voler stare in Europa a condizioni più accettabili e con una ristrutturazione sopportabile del debito. Paradossalmente la grave crisi della Grecia potrebbe provocare – ma non sarà facile – una profonda riforma delle istituzioni dell’Europa, sia per quanto riguarda la Commissione presieduta da Junker, sia riguardo al ruolo e alle maggiori responsabilità dello stesso Parlamento. E’ evidente l’esigenza indifferibile di un profondo rinnovamento – politico ed istituzionale – della Governance Europea, con un necessario ridimensionamento degli Stati nazionali.
Basta considerare resistenze e difficoltà sul grande tema dei migranti; il ritardo suicida sul come fronteggiare la sfida del terrorismo globale; per avvertire l’urgenza di nuove scelte per l’Europa.
Di fronte a sfide così decisive, è deprimente lo spettacolo offerto dalle tv. Quella pubblica in particolare che dovrebbe offrire validi elementi di riflessione e di cultura storico-civile sulle cause e le prospettive di questa fase così travagliata ed impegnativa di storia.
Prevale invece un chiacchiericcio confuso e inconcludente, preoccupato prevalentemente di mettere in luce le posizioni nazionali dei partiti, le polemiche di basso conio e strumentali. Poco o nulla che possa contribuire davvero alla crescita di una maggiore consapevolezza culturale e politica, di cui ci sarebbe invece estremo bisogno.