L’estenuante trattativa Ue–Grecia ha mostrato drammaticamente i limiti istituzionali e politici della vecchia Europa, senza che si profili ancora qualche prospettiva per l’Europa di domani. Se non si fosse conclusa in certa misura la travagliatissima trattativa con Atene, ci troveremmo tutti a piangere sul latte versato senza ancora comprendere pienamente le conseguenze del fallimento. Le responsabilità greche sarebbero forse risultate le maggiori, anche per i continui tatticismi, non mostrare le carte, l’inaspettata ed improvvisa indizione del referendum.
Ha fatto arrabbiare molti a Bruxelles la mossa di Tsipras, ma gli ha consentito di rafforzare il suo ruolo politico tanto ad Atene quanto a Bruxelles. Dove si è presentato forte del consenso popolare su cui ha potuto giocare anche nel Parlamento di Atene, perdendo un pezzo alla sua sinistra ma ottenendo il consenso dei moderati. I parlamenti nazionali degli Stati Europei avranno un ruolo fondamentale. Specie in Germania, dove la cancelliera Merkel deve far fronte ai mal di pancia presenti nel suo partito con riferimento soprattutto alle posizioni del Ministro delle Finanze. E le incertezze riguarderanno non solo gli schieramenti politico-parlamentari, ma una montante reazione negativa da parte delle opinioni pubbliche nazionali. Questo rilevante problema che riguarda in generale tutte le crescenti opposizioni in chiave anti-euro e anti Istituzioni dell’Ue, costituisce la questione più acuta delle difficoltà cui vanno incontro i paesi dell’Unione. Specie quelli che si apprestano ad appuntamenti elettorali importanti e che avranno proprio sui temi europei la parte più sostanziosa dello scontro propagandistico e della ricerca del consenso. Sarà il tema anche italiano in vista del voto del 2018, specie se le aspirazioni di Renzi per una Europa della crescita e dello sviluppo restano sostanzialmente solo buone intenzioni.
In qualche modo l’Europa andrebbe rifondata con una convinta adesione dal basso e una legittimazione democratica che fosse avvertita come un reale superamento di quella che viene definita “Europa delle banche”. Per molti versi la vicenda greca ha posto in evidenza questi nodi cruciali, ed è una scorciatoia semplicistica affannarsi ad assegnare pagelle da una parte o dall’altra, dividere tra buoni e cattivi, e tra vincitori e vinti. Vale in qualche modo per tutti il grido di Papa Francesco dai paesi più poveri dell’America Latina: “l’economia mondiale deve essere al servizio dei popoli e non dei più fortunati”.
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