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Entra in vigore la nuova legge sui migranti che prevede arresti per uomini che l’Ungheria non è in grado di controllare, ma Orban dice che in questo modo “difende la civiltà cristiana”

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15 Settembre 2015 - 23.10


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Viktor Orban , primo ministro ungherese, insiste nel tentativo di continua spiegare la sua politica di tolleranza zero verso l’immigrazione con il ricorso a grandi ideali: in un discorso ai reparti di polizia destinati al confine serbo ha detto agli uomini che devono “difendere l’Ungheria e l’Europa” e “proteggere il nostro modo di vivere.”

La cerimonia in cui ha preso la parola si svolgeva a Budapest dinanzi al monumento agli Eroi , dove grandi statue onorano i padri fondatori d’Ungheria, Orban ha detto a più di 800 ufficiali che le nuove leggi in materia appena entrate in vigore/[b] consentiranno loro di arrestare e multare quelli che attraversano illegalmente la nuova recinzione di confine del Paese, commettendo reati che possono causare la prigione o la immediata deportazione. Orban dice di sperare che le nuove misure scoraggino gli stranieri a viaggiare verso l’ Ungheria e aggiunge: “L’Ungheria è un Paese con un migliaio di anni di cultura cristiana. Noi ungheresi non vogliamo che un movimento mondiale di persone arrivi a cambiare le nostre tradizioni”.

Ieri nella repubblica magiara sono diventate operanti
numerose modifiche alle norme di legge in materia di rifugiati e migranti. La novità principale consiste nel coinvolgimento dell’esercito nel controllo delle frontiere, nonché nelle possibilità di perseguire coloro che hanno illegalmente attraversato il confine. Le nuove norme prevedono pene detentive per coloro che entrano illegalmente nel Paese, e l’ intenzione è quella di sigillare i confini , anche se a giudizio delle organizzazioni non governative del settore, si potranno solo causare nuovi problemi. Il direttore dell’Organizzazione per l’assistenza ai migranti “Riparo”, [b]Andras Kovacs
, afferma che è stata presa una direzione completamente sbagliata per risolvere la crisi.

“Il governo non risolve il problema nel modo giusto, le nuove misure non porteranno miglioramenti. Inoltre, dal punto di vista giuridico, sono molto discutibili perché l’amministrazione non è in grado di registrare suibo i migranti e in appena un paio d’ore affrontare una richiesta di asilo. L’Ungheria non ha un numero sufficiente di personale qualificato per farlo “, spiega, aggiungendo che l’intenzione del governo Orban di includere l’esercito nel controllo delle frontiere, parte da una dimostrazione di forza.

“Questa è in parte una dimostrazione di forza, in parte una mossa obbligata da parte del governo che è diventato ostaggio della propria politica. Invece di riconoscere che il percorso scelto è sbagliato si riuscirà solo ad approfondire la crisi. L’errore è stato quello di non cercare di fermare i migranti prima che entrassero nel Paese. Certo il controllo delle frontiere deve essere svolto, ma non in questo modo e sarebbe meglio che i poliziotti venissero controllati e coordinati “.

Anche Boris Dimitrijevic, che dall’altra parte della frontiera è collaboratore del “Vojvodina Civic Center” critica queste scelte: “Penso di poter vedere alcune analogie tra la situazione attuale in Ungheria e la situazione in Serbia negli anni novanta, riguardo alla questione dei rifugiati ed agli atteggiamenti nei loro confronti. Come negli Anni Novanta mi sembra che gli individui dinìmostrino un livello qualitativo superiore rispetto a quello della società nel suo complesso, e in Ungheria, secondo il mio parere, accade esattamente questo. Credo che la società ungherese a cause dalle politica di Orban si stia lentamente trasformando in una società conservatrice”.

Nel frattempo, il governo ungherese ha annunciato di aver abbandonato il controverso progetto di creare “zone di transito” al confine con la Serbia, dove le autorità del Paese avevano intenzione di trattenere i richiedenti asilo mentre le loro richieste venivano vagliate . La mossa è arrivata dopo che l’agenzia Onu per i rifugiati ha criticato la proposta, in quanto la zona sarebbe stata istituita lungo il piccolo “territorio di nessuno” prima del confine ungherese, il che avrebbe posto una questione di giuriisdizione.

Secondo i piani di Budapest, alla frontiera bisogna distinguere fra “due tipi di persone , coloro che presenteranno domanda di asilo e quelli che non lo faranno. Il primo gruppo avrà la libertà di circolazione all’interno del Paese, mentre coloro che non sono richiedenti asilo rimarranno alla frontiera o saranno rispediti in Serbia. Belgrado ha già avvertito di non essere in grado di sostenere un’ondata di “profughi di ritorno, ed anzi un “team” dell’UNHCR – l’organizzazione dell’Onu per l’assistenza ai rifugiati – ha organizzato una missione congiunta per il confine tra Serbia e Ungheria ed esprime”preoccupazione per il deterioramento delle condizioni di migliaia di profughi che passano ogni giorno attraverso la Serbia”.

La coordinatrice , Irena Vojačka-Solorano ed il capo dell’Agenzia in Serbia , Hans Friedrich Schoeder, temono anche l’imminente deterioramento a causa delle condizioni atmosferiche.”Se il confine tra la Serbia e l’Ungheria si trasforma in un collo di bottiglia, dovremo innalzare livello di risposta umanitaria di tutto il sistema Nazioni Unite nel Paese”, ha detto Vojačka-Solorano.

L’UNHCR stima che in queste ore si stiano muovendo attraverso la Serbia più di 12.000 profughi siriani e di altri Paesi in guerra: il transito è lento, ma sul confine nord ci sarà bisogno di interventi in termini di medici, di alloggio, cibo, acqua e prodotti per l’igiene.

“Attualmente al confine serbo abbiamo solo 810 posti a sedere per i migranti, molti rifugiati stann ancora dormendo all’aria aperta e presto questo diventerà impossibile a causa dei cambiamenti nelle condizioni meteorologiche. Continuiamo ad offrire aiuto al governo della Serbia per prepararsi a ricevere un più grande numero di rifugiati”, aggiunge Hans Schoeder.

“Vogliamo continuare a sostenere gli organi dello Stato e la popolazione in Serbia – continua Vojačka-Solorano, che elogia enti locali, comuni e cittadini, che hanno mostrato ospitalità esemplare e solidarietà con i rifugiati, nonostante la pressione che il transito così tante persone ha esercitato sulle loro risorse e sul loro ritmo di vita.

Fonti: Radio Free Europe, Agenzie

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