Più di 10.000 rifugiati sono attualmente bloccati in Serbia e non possono continuare il loro viaggio verso l’Europa occidentale, a causa dei limiti imposti dai Paesi in tutta la regione: lo segnala l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e la sua portavoce, Melita Sunjic avverte sui rischi rappresentati da “un grande fiume di persone che non è facile da fermare, e se si ferma il flusso, da qualche parte ci saranno inondazioni”.
Parlando dal confine serbo-croato, la Sunjic dice: “C’è mancanza di cibo, mancanza di coperte, manca tutto”. Dopo che Slovenia e Austria hanno deciso di non accogliere più rifugiati e l’Ungheria chiuso nuovamente il confine con la Croazia, sul confine croato-serbo la pressione contina ad aumentare ed una cinquantina di autobus con oltre mille persone a bordo restano in attesa da giorni.
La tv nazionale serba racconta che il confine Berkasovo-Bapska, davanti al quale stazionavano dalla notte precedente circa tremila uomini, donne e bambini è stato aperto dalla Croazia alle 7 del mattino. Almeno 25 autobus pieni di profughi erano in attesa al posto di frontiera, e molti migranti sono arrivati anche in taxi.
L’UNHCR calcola che altri 10.000 rifugiati provenienti dal Medio Oriente sono entrati Serbia dalla Macedonia nelle ulime ventiquattr’ore , la polizia è riuscita a registrarne 5.600 domenica e solo 1.615 i lunedi, dando priorità alle donne incinte ed alle famiglie con bambini piccoli..Un portavoce a Berkasovo dice che “le scene davanti ai miei occhi sono incredibili: fa freddo, sta piovendo, alcuni migranti stanno cadendo a pezzi. Noi e le altre organizzazioni stanno facendo tutto il possibile, ma nel complesso non c’è soluzione, perché non possiamo collocare queste persone tra i campi, nel fango. Non ci sono le condizioni per prendersi cura di loro”. Si sta verificando proprio quanto si era temuto per settimane, l’afflusso di rifugiati è molto superiore al deflusso e alle frontiere d’Europa si sta creando un gigantesco tappo.
“Il problema è ovviamente un effetto domino – aggiunge Melita Sunjic – e loveni e austriaci ricevono un numero sempre minore numero di rifugiati, e dunque anche i croati fanno lo stesso: la polizia di frontiera non sa qual siano i progetti per il futuro e se verranno riaperte le frontiere. Tuttavia, ora che i confini son stati chiuso in tali condizioni meteorologiche, mi auguro che qualcosa o qualcuno possano indurre questa gente a muoversi”, continua.
Secondo lei, i centri di accoglienza con la parte serba non sono ancora del tutto pieni:”Abbiamo ancora tende per 3.000 persone che potrebbero essere installate a breve termine, e questo significa che c’è ancora qualche opportunità”.
Mentre l’onda di piena rischia sempre più di travolgere gli argini, fra i Paesi del Balcani continua uno scambio di accuse e ognuno reagisce come può.
La Slovenia adesso impegna 264 membri delle unità speciali di polizia, più 731 agenti regolari nel controllo delle sue frontiere. Il comandante della Protezione civile, dice che c’è ancora del cibo a disposizione . Il segretario di Stato Sefic accusa la Grecia di non fare da primo argine e di non operare l’identificazione dei profughi. Il primo ministro, Mirko Cerar, accusa la Croazia di “seguire una linea che è fuori dalle norme auropee”. Il ministro degli Interni sloveno, Vesna Györkös Znidar ha chiamato al telefono la sua collega austriaca, Johanna Mikl-Leitner, chiedendole si accettare nuovamente i rifugiati, la da Vienna la risposta è stata un secco no. In Austria ormai i profughi rimangono più a lungo di prima , ed il Paese non è in grado di sopportare questo peso.
Ormai attraverso i contatti telefonici i migranti si aggiornano l’un l’altro anche sul peggioramento della situazione, molti scendono da autobus e treni e riprendono il loro viaggio a piedi nella speranza d trovare varchi percorribili. Pochi giorni ancora, e la situazione potrebbe farsi ingestibile.