Dieci anni fa la rivolta delle banlieues, ma la situazione è ancora esplosiva
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Dieci anni fa la rivolta delle banlieues, ma la situazione è ancora esplosiva

A dieci anni da quei fatti, la calma apparente delle periferie non deve trarre in inganno. Le ragioni di quella rivolta non sono state indagate realmente.

Dieci anni fa la rivolta delle banlieues, ma la situazione è ancora esplosiva
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26 Ottobre 2015 - 19.17


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di Francesco Ditaranto

Era il 27 ottobre 2005. Sono passati dieci anni da quando la periferia di Parigi, quel gigantesco agglomerato attaccato alla capitale francese, fu teatro di scontri violenti tra ragazzi del luogo e forze dell’ordine. In quella sera di fine ottobre, due ragazzi, Bouna e Zyad, rispettivamente di 15 e 17 anni, per sfuggire a un controllo di polizia s’infilarono in una centrale elettrica. Morirono fulminati. Qualcuno, pochi minuti prima, aveva chiamato le forze dell’ordine convinto che fosse in atto un tentativo di furto in un cantiere ad opera d’individui d’origine africana. I due ragazzi, Bouna e Zyad, corrispondevano alla descrizione, un po’ vaga, a dire il vero. Clichy sous Bois, la cité dove tutto avvenne, rappresentò il luogo di nascita di un movimento (anche se è semplicistico definirlo così) che scosse la Francia intera per almeno un mese. Quella che l’allora ministro dell’interno, Nicolas Sarkozy aveva chiamato gentaglia (termine usato contro un gruppo di giovani che lo avevano fischiato nel corso di una visita in un quartiere dell’estrema periferia, poco prima della morte dei due ragazzi) iniziò una sorta di guerriglia, caratterizzata soprattutto dal lancio di pietre, dal fuoco e dalla devastazione contro tutti i simboli delle istituzioni, polizia in testa. In quei giorni, nelle immagini trasmesse da tutti i telegiornali del mondo, la Francia era in fiamme.

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A dieci anni da quei fatti, la calma apparente delle periferie non deve trarre in inganno. Le ragioni di quella rivolta non sono state indagate realmente, né, tantomeno, risolte. I quartieri sono stati ristrutturati, i palazzi ridipinti, ma, di fatto, il sentimento d’esclusione, misto a rabbia e spontaneismo difficilmente inquadrabile è ancora lì. Paradossalmente, dove si è intervenuto sul piano dell’estetica dei luoghi, la situazione è, se possibile peggiorata. Gli affitti sono aumentati, mentre il potere d’acquisto degli abitanti crollava e il tasso di disoccupazione, superiore alla media francese, diventava un dato di fatto. Nulla è cambiato invece, per quel che riguarda il difficile rapporto tra giovani e forze dell’ordine. Gli abitanti, e non solo gli under trenta, lamentano controlli ossessivi da parte della polizia, quasi che, il fatto di provenire da un quartiere sensibile costituisse uno stigma, o un motivo sufficiente per essere sottoposti ad accertamenti che appaiono mossi dal pregiudizio più che dalla necessità. Sono in tanti, infatti, a denunciare quanto sia difficile l’uscita dai quartieri, proprio a causa dei controlli ripetuti e arbitrari. Una situazione insostenibile, insomma, soprattutto per chi voglia emanciparsi da una condizione nella quale all’oggettiva difficoltà di vivere in un quartiere dove lo stato si manifesta solo in forma di volante della polizia, si aggiunge il pregiudizio e la difficoltà di arrivare nel centro della capitale.

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Forse subodorando la situazione esplosiva, o forse soltanto perché le elezioni (regionali a dicembre, presidenziali tra 18 mesi) si avvicinano, alla vigilia dell’anniversario dei moti del 2005, il primo ministro Manuel Valls, accompagnato da una decina di ministri, ha presieduto un consiglio straordinario dell’esecutivo a Mureaux, una cittadina a rischio, con l’obiettivo dichiarato di “rompere la logica della segregazione e lottare contro le discriminazioni”. Le decisioni più importanti dell’assise interministeriale, riguardano, appunto i temi caldi appena citati. Il governo ha dichiarato guerra ai comuni che non adempiono al dovere di costruire case popolari, i cui sindaci potranno vedersi esautorare e sostituire dai prefetti. I controlli di polizia, inoltre, saranno filmati da una telecamera, che diventerà parte integrante della dotazione delle forze dell’ordine nel corso dei controlli di polizia. Per l’esecutivo quest’ultimo provvedimento servirà a garantire da un lato gli agenti, dall’altro i cittadini controllati.

A dieci anni dalle rivolte, le banlieues che, nel 2012, avevano votato in blocco per il presidente socialista Hollande (con picchi del 60%, bel oltre della media nazionale) sembrano rassegnati ad un’astensione senza uscita. Il sentimento di abbandono e di stigma, non è cambiato negli ultimi dieci anni.
Il 18 maggio 2015, i due poliziotti indagati per la morte di Bouna e Zyad sono stati riconosciuti innocenti, perché non erano a conoscenza del pericolo che i due giovani correvano entrando nella centrale elettrica. Immediatamente dopo la sentenza, Marion Marechal-Le Pen, nipote di Jean Marie e Marine, rispettivamente fondatore e presidente del Front National, ha dichiarato che la sentenza dimostrava come “questa gentaglia aveva messo a ferro e fuoco la periferia per puro piacere”. La giovane candidata alla presidenza della regione PACA, che si avvia a vincere le elezioni senza altro merito se non il suo cognome, utilizzando ancora un discorso divisivo e discriminante, potrebbe accaparrarsi, questo il paradosso, una buona parte dei voti di quanti non si asterranno nelle banlieues.

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Nel romanzo l’étranger di Albert Camus, il protagonista viene condannato per l’omicidio di un uomo. Quando, letta l’ultima pagina, si chiude il libro, si ha l’impressione che sia stato condannato non tanto per aver commesso l’omicidio, ma per il comportamento tenuto, alcuni giorni prima dell’assassinio, al funerale di sua madre. Non aveva pianto durante le esequie, questa la sua colpa. Il protagonista, lo scrive chiaramente Camus, aveva l’impressione che le cose, durante il processo, succedessero senza che lui potesse incidere in alcun modo.

Forse, ma questa è soltanto un’ipotesi, Bouna e Zyad, d’origine africana, davanti alla polizia, hanno provato la stessa sensazione, quella che prova il protagonista de l’étranger, quel sentimento di condanna già pronunciata. E sono scappati. Esattamente dieci anni fa.

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