“Date le immense ricchezze presenti sul suo vasto territorio, il continente africano è oggetto di forti interessi economici sin dall’inizio dell’epoca moderna (…). Una diffusa instabilità la percorre, seppure in modi e forme differenti, da nord a sud: guerre, crisi, terrorismo, dittature e quant’altro affliggono gran parte degli stati africani. Le cosiddette “primavere arabe” hanno prodotto una diffusa instabilità nel Nordafrica, che si va a sommare alla criticità pluriennale dell’area del Corno, con effetti anche in quella subsahariana”. Inizia da questa considerazione l’analisi della rivista Nigrizia sulla situazione in atto nel continente africano, il tutto in concomitanza con il viaggio del Papa.
Nel focus contenuto nel numero di novembre, Maurizio Simoncelli evidenzia come il Sipri (l’Istituto internazionale per la ricerca sulla pace di Stoccolma) calcoli che nel decennio 2001-2010 nel Corno d’Africa vi siano stati, a fronte di soli 5 scontri interstatali, ben 77 conflitti non statali, con il coinvolgimento di paesi vicini come l’Etiopia e il Kenya. Permangono, inoltre, situazioni conflittuali nella Rd Congo, dove da anni diversi paesi di quella fascia sono coinvolti in scontri e tensioni apparentemente senza fine.
Ma quanti sono i conflitti in atto? Tra guerre, aree di crisi e atti di terrorismo, in Africa sono numerosi i conflitti in atto: si calcola che solo dal 1° gennaio al 19 settembre 2015 vi siano stati ben 11.423 episodi di violenza armata in tutto il continente, mentre per l’intero 2014 si è arrivati a ben 16.852. Secondo l’articolo, oggi sono in atto 13 situazioni conflittuali di varia intensità: due nel Nordafrica (Egitto e Libia) e 11 nell’Africa subsahariana (Repubblica Centrafricana; Etiopia; Nigeria-regione del Delta; Nigeria-Boko Haram; Sudan; Sudan-Darfur; Sud Sudan; Rd Congo; Mali-Sahel; Somalia; Uganda). “Altri conflitti armati, con un numero minore di vittime – si evidenzia -, li troviamo, ad esempio, in diversi altri paesi, come la Tunisia o l’Algeria. Se si calcolano i conflitti interstatali, quelli tra due gruppi armati organizzati, gli atti di violenza unilaterale da parte di forze armate regolari o irregolari contro civili, vediamo che gran parte dell’Africa ne è afflitta”.
Mercenari e gruppi irregolari. Molte guerre sono combattute da forze locali; ma, a parte la presenza di missioni internazionali di peacekeeping, ancora si rilevano interventi armati esterni, nonché la diffusa presenza di forze mercenarie. Numerose, dunque, sono le forze armate operanti in Africa, oltre a quelle regolari dei rispettivi governi nazionali. In relazione alle varie crisi in corso, la comunità internazionale (in particolare, Nazioni Unite e Unione europea) ha cercato d’intervenire inviando i cosiddetti “caschi blu”, con circa 15 missioni in atto nel continente. Parallelamente vi si trovano operative anche le Pmc (Private military companies), cioè le società che forniscono forze militari mercenarie. Le più note sono circa una trentina, metà delle quali con sede negli Usa, mentre la rivista on line Analisi Difesa ne censiva alcuni anni fa circa 100 tra grandi e piccole. A queste si aggiungono varie formazioni irregolari. Né va dimenticato, all’interno di alcune di queste formazioni, anche l’uso diffuso di bambini soldato.
Sempre secondo l’articolo, un rapporto del Segretario generale dell’Onu mette in evidenza come la maggior parte delle milizie o dei gruppi armati sia collegata a gruppi criminali transnazionali, o direttamente impegnata in reati ambientali, al fine di finanziare le loro attività. “Si stima, infatti, che gruppi di miliziani dell’Africa centrale guadagnino tra i 4 e i 12 milioni di dollari ogni anno dalla caccia illegale all’avorio degli elefanti. Un rapporto del 2014 sull’Environmental crime crisis, presentato alla prima Assemblea Onu sull’ambiente, valuta che un gruppo terroristico in Africa orientale tragga tra i 38 e 56 milioni di dollari all’anno dal commercio illegale di carbone. In totale, milizie e gruppi terroristici impegnati nei conflitti in corso in Africa possono guadagnare tra i 111 e i 289 milioni di dollari ogni anno dal loro coinvolgimento nel commercio illegale di carbone. Considerate le grandi ricchezze del continente (dal petrolio al coltan, dall’oro ai diamanti) le cifre ipotizzabili appaiono ancora di maggiore rilevanza”.
Un volume enorme di denaro che, conclude l’articolo, viene confermato anche da una relazione di un gruppo di esperti, presentata alla Conferenza dei ministri ad Abuja, nel marzo 2014, che stima come i flussi finanziari illegali dall’Africa ammontino almeno a circa 50 miliardi di dollari all’anno. Tale cifra (probabilmente sottostimata) è all’incirca la somma erogata annualmente all’Africa per l’assistenza allo sviluppo.