Rispetto a quanto successo al primo turno delle elezioni regionali, una settimana fa, il risultato di ieri suggerisce numerose riflessioni. La prima, e probabilmente la più scontata, riguarda l’incapacità, almeno per ora, dell’estrema destra del Front National di convincere un numero di elettori sufficiente a imporsi in un ballottaggio. Il dato appare ancora più evidente se si pensa ai risultati del primo turno, che vedevano, nella regione del nord, come in quella mediterranea orientale (PACA), trionfare rispettivamente Marine Le Pen e sua nipote Marion Marechal Le Pen, capaci di superare il 40% dei consensi. Questa valanga di voti (rimasti più o meno gli stessi anche al secondo turno) non è bastata, però, a rompere l’isolamento imposto dal Fronte Repubblicano (quel patto di desistenza, più o meno ufficiale, messo in piedi da Socialisti e Repubblicani contro l’estrema destra). Le due anime del Front National, quella più “presentabile e normalizzata” di Marine Le Pen e quella più integralista, identitaria e legata alle radici cristiane, di Marion Marechal Le Pen, sono state entrambe sconfitte. L’aumento esponenziale di suffragi raccolti dal partito resta, in ogni caso, innegabile e costituisce una seria ipoteca sul passaggio al secondo turno delle elezioni presidenziali del 2017.
Spostandosi più al centro dello scenario politico, non si può dire che i Repubblicani di Sarkozy possano cantare vittoria. Il centro-destra ha vinto in 7 regioni, migliorando sensibilmente il risultato della tornata precedente, ma, almeno in due regioni (Nord e PACA), ha potuto beneficiare del ritiro delle liste dei socialisti e del loro bacino elettorale. Nella regione del Grande Est, inoltre, la destra ha guadagnato dalla battaglia tutta interna ai socialisti, tra il candidato Messeret e il partito che, davanti al rifiuto di quest’ultimo di farsi da parte, gli ha ritirato l’investitura, invitando i propri elettori a votare per il candidato di centro-destra. Questa dinamica di voto utile ad excludendum contro l’estrema destra, ha determinato per i Repubblicani una vittoria, certamente larga, ma condivisa con i socialisti. Soprattutto nelle due regioni sottratte sul filo di lana al Front National, il centro-destra non potrà non tenerne conto.
La sola vittoria politicamente degna di nota ascrivibile ai Repubblicani è quella registrata nella regione di Parigi, l’Ile de France, (e in misura più contenuta nei Paesi della Loira), dove Valerie Pecresse ha scippato a Claude Bartolone, presidente dimissionario dell’Assemblea Nazionale, un feudo socialista oltre che la regione più ricca e densamente popolata di Francia. Il fronte repubblicano ha, inoltre, mietuto una vittima eccellente: l’ex-presidente e possibile candidato all’eliseo, Nicolas Sarkozy. Il presidente dei Repubblicani si era espresso chiaramente contro l’accordo con i socialisti, subito smentito dalla numero due del partito, Nathalie Kosciusko Morizet. I risultati hanno dato torto a Sarkozy. I voti socialisti si sono dimostrati decisivi esattamente come la chiamata alle urne contro il Front National. Il +9% di affluenza non può essere considerato un caso. In questa prospettiva chi, tra i Repubblicani, può considerarsi vincitore morale di queste elezioni è Alain Juppé, unico in grado di contendere a Sarkozy l’investitura per le presidenziali del 2017, ma soprattutto il solo capace di interpretare e continuare la tradizione di un centro-destra di alto profilo politico-istituzionale, tanto caro a quei francesi che rimpiangono il presidente Chirac.
Quanto ai Socialisti, la situazione appare meno drammatica di quanto lasciassero presagire i numeri, alla chiusura delle urne domenica scorsa. Sono riusciti a conquistare 5 regioni (erano in testa soltanto in due) e hanno limitato fortemente i danni. Hanno perso, è vero, l’Ile De France, ma questo rientra nella logica classica dell’alternanza, più che in quella emergenziale del fronte repubblicano. I voti, prestati al centro-destra in funzione anti-Le Pen, hanno avuto un ruolo determinante e sono costati un grosso sacrificio: nelle regioni dove i socialisti si sono ritirati, il partito di Hollande non avrà consiglieri. Ora c’è da capire se il governo di centro-sinistra deciderà cosa fare da grande, se, cioè, continuare a inseguire i Repubblicani sul terreno delle politiche economiche e della sicurezza, risultandone al massimo una brutta copia, o ricominciare da sinistra, riprendendo al Front National i voti delle classi popolari ormai migrati da anni. Il fronte repubblicano ha funzionato ieri, ancora una volta, ma non è detto che possa funzionare tra un anno e mezzo. Il dubbio è legittimo, anche perché, sembra molto probabile l’accesso di Marine Le Pen al secondo turno delle presidenziali. Sarebbe il colmo, per centro-sinistra e centro-destra, rassegnarsi a scegliere in anticipo il miglior competitor della leader del Front unendo i due schieramenti. Significherebbe rinunciare alla propria ragion d’essere e consegnare la Francia a un’estrema destra in costante crescita.
Un segnale, in questo senso, sembra venire dalla Corsica, dove una lista formata da autonomisti e indipendentisti ha vinto, per la prima volta, le elezioni regionali. Pur con i dovuti distinguo (dalle peculiarità storiche a quelle geografiche, sino al particolare sistema elettorale) i corsi hanno dimostrato che, dove le elezioni regionali sono state riportate al loro significato vero, cioè locale, i cittadini hanno rifiutato la logica dominante del tripartitismo, e l’eventualità di un fronte repubblicano. E’ successo anche in Bretagna al primo turno, con la buona affermazione degli autonomisti.
In altre parole, fino a quando lo spauracchio dell’estrema destra potrà fare le veci di una reale proposta politico-programmatica?
Argomenti: marine le pen