I teologi dell’Isis hanno emesso una ‘fatwa’ estremamente dettagliata su come si devono comportare i proprietari di donne schiavizzate. La fatwa, che nel mondo islamico ha forza di legge, getta un nuova luce su come il movimento estremista sunnita stia cercando di reinterpretare gli insegnamenti secolari del Corano per giustificare la schiavitù sessuale femminile nelle zone cadute sotto il loro controllo, in Siria e in Iraq. La sentenza (per leggere la quale si può andare al link [url”leggi qui”]http://graphics.thomsonreuters.com/doc/slaves_fatwa.pdf[/url]) è stata ritrovata tra serie di documenti catturati dalle Forze speciali americane nel corso di un raid nella casa di un miliziano in Siria, nel maggio scorso.
Tra le indicazioni, il fatto che un padre e un figlio non possano avere rapporti sessuali con una stessa schiava o che il proprietario di una madre e di una figlia debba scegliere tra le due. La fatwa n.64, datata 29 gennaio 2015, pubblicata dalla ‘Commissione per la Ricerca e le Fatwa dell’Isis”, sembra proprio voler codificare per la prima volta le relazioni sessuali tra i miliziani e le loro vittime e si spinge oltre rispetto a un manuale circolato nel 2014 su come trattare le schiave. La fatwa comincia con un interrogativo: “Alcuni fratelli hanno commesso violazioni nel trattare le schiave. Queste violazioni non sono consentite dalla ‘sharia’ perché queste regole non sono state trattate negli anni. Ci sono eventuali avvertimenti su questo tema?”. E da qui partono 15 ingiunzioni, alcune delle quali scendono nel dettaglio.
Per esempio: “Se il proprietario di una prigioniera di sesso femminile, che ha una figlia adatta a un rapporto, ha relazioni sessuali con quest’ultima, non gli è permesso di fare altrettanto con la madre e costei gli è per sempre vietata. Se dovesse avere rapporti sessuali con la madre allora non potrebbe averne con la figlia, che gli sarebbe per sempre vietata”. La fatwa esorta anche i proprietari di schiave a “mostrare pietà nei loro confronti, essere gentili, non umiliarle, e non assegnar loro lavori che non sono in grado di fare”.
Non dovrebbe venderla se sa che verrebbe trattata male. Per Abdel Fattah Alawari, decano di teologia islamica ad al-Azhar, il millenario centro di cultura islamica egiziano, l’Isis “non ha nulla a che fare con l’Islam” e “travisa deliberatamente versi e parole secolari (del Coprano), pensati proprio scoraggiare, certo non incoraggiare, la schiavitù. L’Islam predica la libertà degli schiavi, non la schiavitù. La schiavitù era lo status quo quando l’Islam fece irruzione (nella Storia). Il giudaismo, la cristianità, i greci, i romani, i persiani, tutti praticavano la schiavitù e catturavano le donne dei loro nemici per farne schiave sessuali. Ma l’Islam trovò la pratica aberrante e lavorò a lungo per cancellarla”.