La crisi politica e militare in corso in Ucraina continuerà a svolgere un ruolo centrale nelle relazioni tra l’Occidente e la Russia nei prossimi anni, determinando il riscaldamento o il raffreddamento dei rapporti bilaterali tra Mosca e Washington:ad affermarlo è un’analisi del Centro per l’interesse nazionale con sede a Washington.L’analisi di 65 pagine, dal titolo “Gli Stati Uniti e la Russia dopo la crisi Ucraina”, presenta tre possibili scenari sui rapporti bilaterali tra le due potenze.
Gli scenari sono presentati come analisi di eventi che potrebbero svolgersi in Ucraina e intorno tra il 2016 e il 2018, e di come questi potrebbero influenzare le relazioni russo-americane. Ciascuno degli scenari, com’è ovvio, presenta eventi dal punto di vista degli interessi nazionali americani.
Il primo scenario, descritto da Samuel Charap, senior fellow per la Russia e l’Eurasia presso l’Istituto internazionale di studi strategici di Washington, esaminale condizioni necessarie per un miglioramento delle relazioni Usa-Russia. Secondo Charap, insieme ad una serie di altri fattori (da una situazione di stallo in Medio Oriente, ad una situazione economica traballante in Cina) un disgelo nelle relazioni bilaterali richiederebbe che la situazione in Ucraina virasse verso una direzione più favorevole al compromesso. Questo, scrive l’analista, si potrebbe verificare per mezzo di una spaccatura crescente tra il presidente Petro Poroshenko e il primo ministro Arseniy Yatsenyuk, con conseguente crollo della coalizione di governo e la nascita di nuovo governo ucraino più conciliante verso il Donbass. Con sentimento anti-russo in graduale dissolvenza, la Ue potrebbe sospendere la maggior parte delle sue sanzioni nel 2016, con gli Stati Uniti che seguirebbero subito dopo. Inoltre, con il Consiglio Nato-Russia messo in grado di riprendere le sue attività, Washington e Mosca avrebbero colloqui sulla presenza militare della Nato nel Mar Baltico e il Mar Nero, e delle armi pesanti della NATO in Europa centrale e orientale, portando ad un ritorno verso la stabilità regionale.
Il secondo scenario, scritto dal redattore di “National Interest” Nikolas Gvosdev, presuppone invece una divisione crescente tra i Paesi europei in relazione alla Russia, con il conflitto in Ucraina orientale che rischierà di diventare ‘congelato’. Nel 2017, in preparazione delle elezioni nazionali, la cancelliera tedesca Angela Merkel si presume ammorbidirà i toni nei confronti di Mosca, ed altri Paesi seguiranno l’esempio di Berlino. La Nato, nel frattempo, continuerà a lottare con contraddizioni interne che impediscono la formazione di un chiaro piano d’azione nei confronti della Russia e, entro la metà del 2016, l’Ue solleverà parzialmente le sanzioni anti-russe arrestando, almeno temporaneamente, i piani per l’espansione della Nato verso est. Gli Stati Uniti, a loro volta, pur respingendo la linea degli europei continueranno a spostare risorse in Asia, e troveranno difficile costruire una coalizione contro la Russia. In ogni caso, la nuova amministrazione che inizierà il mandato nel 2017 sarà costretta a scegliere tra Mosca e Pechino, poiché il bilancio militare degli Stati Uniti non permette a Washington di lavorare contemporaneamente contro entrambe le potenze emergenti. Questo porterà ad una strategia di pressione selettiva.
Il terzo scenario, immaginato da Wilson Kennan, direttore dell’Istituto “Matteo Rojansky”, esamina le prospettive di un continuo deterioramento delle relazioni tra Mosca e Washington, che conduca da una nuova “guerra fredda” e ad un confronto a lungo termine: in questo caso, il conflitto del Donbass diventerebbe effettivamente “l’ultimo e più grande conflitto congelato nello spazio post-sovietico”, ma questo non porterebbe a una rinnovata stabilità e normalizzazione.
In questo scenario, le sanzioni anti-russe verrebbero estese, con un’Europa spaventata da Mosca che si rivolge alla NATO come istituto di sicurezza collettiva. Mosca, dal canto suo, tenterebbe di avvicinarsi ancora alla Cina, ma Pechino, per le sue relazioni economiche con gli Stati Uniti e l’Europa, esiterebbe nel dare vita ad un’alleanza aperta. In definitiva, nessuno dei giocatori del conflitto ucraino raggiungerebbero i loro obiettivi ambiziosi di integrazione economica regionale, con la Cina che emergerebbe vincitrice sull’Occidente.
Sergei Ermakov, vice direttore dell’Istituto russo di Studi Strategici, osserva che lo studio indica che gli Stati Uniti si rendono conto del ruolo centrale della crisi in Ucraina per la sicurezza europea: “Gli analisti statunitensi scrivono tali scenari per modellare la situazione e individuare chiaramente dove l’interesse degli Stati Uniti è fattibile. Come è evidente, la crisi in Ucraina, dal punto di vista di Washington è fattore dominante fattore nella struttura della sicurezza europea, e questo certo non si può discutere. Altra questione è se l’ipotesi di una spaccatura tra Poroshenko e Yatsenyuk debba essere presa alla lettera, visto che è quasi impossibile prendere seriamente in considerazione l’idea che l’elite ucraina controlli la situazione nel Paese”.
“In altri termini, Washington sta ora discutendo sul serio l’idea di federalizzazione dell’Ucraina. Kiev aveva respinto le proposte di Mosca a questo riguardo, ma ora l’Occidente sta cercando di iniziare il discorso con intellettuali ucraini che reagiscono molto favorevolmente. Ed in questa situazione, l’idea di un possibile conflitto tra Poroshenko e Yatsenyuk indica che il percorso di federalizzazione può progredire esattamente lungo un tale scenario”.
“Certo – continua Ermakov – gli Stati Uniti potrebbero chiamare il processo di federalizzazione con un altro nome, ad esempio parlando di “autonomia” delle regioni di Donetsk e Lugansk, o di un loro “status speciale”, ma ad essere il gioco rimane la federalizzazione, che non interesserà solo la parte orientale, ma anche le regioni occidentali. Nell’Ucraina occidentale, le élites locali vogliono svolgere un ruolo maggiore, e la rottura tra esse ed il centro sta crescendo più ampia. Un’Ucraina federale, secondo Washington, potrebbe svolgere un ruolo essenziale per un nuovo sistema di sicurezza in Europa. E sarà costruita intorno a un compromesso con la Russia”.
In ultima analisi, l’analista suggerisce che “il congelamento del conflitto in Donbass, e la federalizzazione dell’ Ucraina rappresentano il primo e più probabile scenario, dal punto di vista degli Stati Uniti. In teoria, è possibile anche un tentativo di risolvere il conflitto nel Donbass con la forza,ma Kiev non ha possibilità di farlo e l’Occidente tenterà di evitare l’intervento militare diretto, come pure la Russia”. Se deve delineare la propria visione su come le relazioni tra Mosca e Washington potrebbero evolversi nei prossimi anni, Ermakov osserva che a suo parere, nei prossimi tre anni, la Russia farà uno sforzo per modernizzare il suo esercito e raggiungere un senso di parità con gli Stati Uniti.
“Allo stesso tempo, Mosca cercherà di trovare un compromesso con Washington a livello tattico, seguito da un modello più stabile, basato su un equilibrio di potenza. Un’altra possibilità, naturalmente, è un peggioramento della situazione in Medio Oriente o Donbass. ma qui molto dipenderà la nuova amministrazione degli Stati Uniti”.
Argomenti: nato