Erano passati quasi 10 anni da quando un primo ministro di Gran Bretagna aveva visitato l’Ungheria eppure, David Cameron, premier britannico, ha deciso di farlo proprio adesso perché vuole cambiare le carte in tavola e cancellare tutta la vattiva retorica fiorita intorno a Viktor Orban. O almeno, ha detto così, anche se il suo vero obiettivo era diverso, ossia fare pressioni su Budapest per ottenere appoggi al suo piano di riforme.
Le circostanze infatti dimostrano che il signor Orban è diventato il migliore alleato di Cameron per ottenere voti nell’ Unione, anche se prima che il Regno Unito si pronunci nel referendum sulla permanenza o meno il percorso è ancora lungo. Per rimanere, gli inglesi pongono quattro condizioni alla UE: che la Gran Bretagna conti di più e si accetti di limitare il diritto di libera circolazione e di concedere agli immigrati diritti in materia di prestazioni (alloggio, assegni familiari eccetera) solo dopo quattro anni di lavoro. Secondo, fornire ai Parlamenti nazionali una sorta di diritto di veto su nuove norme comunitarie. Tre, proteggere le imprese e, quarto, salvaguardare la “competitività” del mercato.Da questo punto di vista le nuove norme vincolanti devono essere redatte in materia di regolamenti finanziari .
La “lobbyng” per pacchetto di riforme dovrà concludersi prima dell’ inizio del prossimo anno, dato che in Gran Bretagna il referendum si terrà alla fine del 2017, e si prevede una campagna lunga e dura fra contee divise che farà tremare la UE. Il calcolo di Cameron è chiaro: assicurarsi l’appoggio del “gruppo di Visegrad” (Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia) attraverso il potente alleato ungherese che nell’Europa centrale è dominante e viene seguito dagli altri, anche se la Polonia come Paese con la popolazione più grande avrà sempre più problemi con Bruxelles, e già si dibatte fra i progranni di un governo nazionalista e al’amministrazione dei capitali dell’UE.
In questa prospettiva l’unica via possibile per il Regno Unito per vincere la trattativa è quella di soddisfare le aspirazioni di Orban, il quale si batte per i 50mila ungheresi che lavorano in Inghilterra.“Gli ungheresi che vivono nel Regno Unito non sono immigrati o parassiti – ha detto Orban a Cameron durante la conferenza stampa congiunta tenutasi a Budapest all’inizio di quest’anno , per la visita ufficiale del premier britannico, ed ha aggiunto che i magiari che lavorano nel Regno Unito pagano più tasse e contributi dei benefici che ottengono, “e quindi apparteniamo al mondo delle persone che lavorano bene”.
I due premier hanno concordato su tre dei quattro obiettivi del pacchetto di riforme britannico. La questione più difficile da risolvere sarà quella dei migranti e dell’ economia , ma se Cameron vuole vincere deve raggiungere un compromesso importante. Un altro problema che si annuncia spinoso è quello dell’appoggio alle grandi aziende e dei diritti della classe operaia, la questione già rappresenta un freno tra Cameron e Jeremy Corbin , che a sinistra sta riorganizzando il Labour a sinistra. E non solo in Gran Bretagna la questione della ricostruzione dello stato sociale sarà il punto di svolta, prima ancora che le riforme inizino ad apparire sul tavolo delle trattative fra Stati dell’Unione.
Altra questione di fondo è quella dell ‘unione monetaria e dell’ euro come valuta comune. La differenza tra l’Ungheria e Gran Bretagna, anche se entrambe sono euroscettiche, sta nel fatto che Orban Non ha mai avuto in mente di uscire dall’UE o abbandonare euro come moneta, mentre la Gran Bretagna coltiva un profondo amore per la sterlina.Orban, tuttavia, è già riusito a ottenere importante ricordare il supporto della Baviera ad alcune modifiche di base da lui sostenute in materia di rifugiati, ed alle idee della Gran Bretagna circa le prestazioni per i migranti, ea questo punto di supporto bavarese ha causato molti di mal di testa all’élite politica tedesca, Horst Seehofer capo della CSU bavarese , guida una delle prime forze politiche tedesche si sia detta fortemente contraria alla “soluzione Merkel” per i rifugiati, ed essendo il suo partito alleato della CDU nel governo nazionale, può dare un forte sostegno alle posizioni ungheresi e britanniche.
Questo potrebbe facilmente portare anche alla fine del regno della signora Merkel , ma significa anche che l’Unione potrebbe ufficialmente mandare alla discarica una serie di progetti falliti come quello della “guerra fredda”, dipende da come si svilupperanno le cose. Rabbia e delusione ormai nell’Unione rendono l’aria densa come nebbia britannica. Le politiche di austerità hanno finito col portate in superficie quella che è stata la vera agenda del gruppo Euro, ossia mantenere ferme le norme che rafforzano i centri finanziari, e le crisi Ucraina ha dimostrato in pieno quanto Bruxelles sia incompetente e subordinata alle decisioni politiche dell’ estero. Poi, la guerra commerciale con la Russia è esplosa tra aziende europee che quasi subito hanno iniziato ad aggirare le sanzioni e fare affari come al solito, ma questo è valso solo per i gruppi più potenti, gli altri hanno sentito le corde stringersi intorno al collo, e più combattono più rischiano l’asfissia.
Il progetto “North Stream 2” ha dato il colpo di grazia ad ogni genere di ipocrisia: quando la cancelliera tedesca ha dichiarato che “non ha nulla a che vedere con gli affari ma con la politica”, il resto d’Europa prima è rimasto choccato, poi si è sentito tradito, infine ha provato rabbia. Chi sta ingannando chi? L’Unione ormai ha perso ogni fiducia nel progetto del bene comune , e questo significa che tutti possono suonare la propria musica e approfondisce i dubbi sul futuro dell’Europa, lacerata dalle politiche del doppio standard. E, molto prima del previsto la vecchia musica tornerà a suonare la melodia tradizionale: “Chi se ne frega dell’Unione, facciamo grandi affari e vogliamo di più”. Comprensibile e pericoloso al tempo stesso.
Partendo da questo quadro non proprio allegro vetro, cercare solidarietà, per esempio, sul tema dei rifugiati appare piuttosto stupido. Nessuno seguirà nessuna regola imposta da Bruxelles, ed anzi il risultato finale sarà un sostegno politico ancora minore all’interno dei Paesi membri e seminerà ulteriore sconcerto fra i Paesi candidati, ancora confusi sulla prospettiva di adesione all’Unione europea.
Questo caos ha fatto del primo ministro ungherese, che da anni si batte contro le regole dell’Unione europea, una sorta di eroe per gli euroscettici. Il suo esperimento politico, solo per citare due segmenti di resistenza, ha fatto scuola, almeno per alcuni : è stato lui ad inagurare la resistenza contro decisionidi politica bancaria che saccheggiavano i suoi cittadini con alti tassi dei prestiti per la casa; sempre lui, ad opporsi al cosiddetto “libero mercato” imposto dalla UE, e che secondo Orban va contro linteresse nazionale ungherese ma sostiene le imprese straniere desiderose di fare profitto su un buon mercato sostenuto dalla classe operaia ungherese. Ed ha avuto successo.
Per tutte le sue mosse politiche, Orban è stato demonizzato dai falchi mediatici dell’UE. Oggi paradossalmente diventa l’eroe dei cambiamenti’, l’esempio da seguire in tutta l’Europa centrale e orientale, e nella Gran Bretagna trova il principale alleato euroscettico. Ancor più, è diventato esempio politico salutato da bavaresi e da ogni nazione che si sente strangolata e molestata dall’apparato UE. Orban è sopravvissuto alla sua stessa resistenza verso le regole e le procedure di amministrazione di Bruxelles; ancora di più, è diventato politicamente forte con zero conseguenze poliitiche: insomma, è un esempio perfetto da seguire, come testimoniano le crescenti amicizie nei governi del Continente.
Con così tante differenze, ma con un forte stimolo per una nuova Europa degli Stati-nazione, negli anni a venire ci saranno da ridisegnare molte delle mappe di influenza, disegnando “cerchi di alimentazione regionale” che, con la forza della loro gravità, attireranno ciascun Paese nel campo in cui vuole vivere. L’Europa sarà divisa in una serie di “coalizioni dei disponibili”o, se si preferisce, in molte mini UE che si sforzeranno di avere un mercato ed una valuta comuni e regole condivise.
Una volta usciti dai tempi difficili, passeranno molti anni prima che qualcuno possa parlare di un nuovo “regno europeo”, ci vorranno molte generazioni fino a quando il brutto ricordo della UE morirà ed un sogno comune possa nascere di nuovo.E potrà farlo soltanto sull’asse di potere est – ovest.
(Marina Ragush)