La piccola sarta nigeriana che sognava Valentino
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La piccola sarta nigeriana che sognava Valentino

Onofrio Dispenza ci racconta la storia di una ragazzina che sognava Armani, Dolce e Gabbana, tanti altri mentre stava seduta a cucire, per pochi spiccioli.

La piccola sarta nigeriana che sognava Valentino
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22 Marzo 2016 - 19.53


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di Onofrio Dispenza

Armani, Dolce e Gabbana, tanti altri, e sopra tutti Valentino. Nei suoi sogni c’erano loro. Sognava ad ogni aperti, seduta a cucire, per pochi spiccioli. Servivano a casa, e per questo aveva smesso di studiare moda. Lei – chiamiamola così – si, Lei, aveva 20 anni e nella sua Nigeria povera e incapace di sfamare la popolazione più grande del Continente africano non aveva futuro. Tanto meno, un futuro i suoi sogni.
In queste ore, angosciati dalla nuova ondata di terrore, la vita breve e i sogni brevissimi di una piccola donna di colore morta a metà del mare, tra Africa ed Europa, non interessano proprio nessuno. Semmai, infastidiscono qualcuno. Per questo proseguiamo a raccontare di Lei, piccola donna nigeriana che avrebbe voluto raggiungere l’Italia per divenire sarta nel Paese dei grandi sarti.

E’ gennaio quando Lei, in compagnia della sorella e del cugino, un po’ più grandi, si mette in marcia per la Libia. Un mese di calvario per arrivare all’Inferno. A Tripoli, un altro mese di attesa fatto di fame, sete e violenza. Poi, su un gommone fragilissimo, in 254. Durante il viaggio, sorella e cugino perdono di vista Lei. Quando un mezzo della Guardia di Finanza soccorre uomini, donne e bambini del gommone, Lei ha smesso di vivere. Uccisa dai motori che hanno tolto l’aria a chi stava più in basso, o dalla calca di membra. I morti, uno sull’altro, come nei cumuli umani dei campi di sterminio nazisti. E Lei nel Paese di Armani, Dolce e Gabbana, e di Valentino è riuscita a sbarcare ma dentro un sacco di plastica blu, che si chiude sull’abito che aveva cucito e indossato per entrare in Italia. Scriveva un grande poeta nigeriano: “…E come uccelli senza nido, senza cibo e senza vita, gli uomini, in fila come formiche, senza speranza, battono il tempo. All’avvicinarsi delle costrizioni, cadono a terra schiacciati”. Chiusa la parentesi, torniamo alle nostre angosce.

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