Brasile, peggior momento della storia o germoglio di democrazia?
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Brasile, peggior momento della storia o germoglio di democrazia?

L’impeachment della presidente Dilma Rousseff rappresenta uno dei momenti peggiori della storia democratica del Brasile. Analisi e dubbi. [Laura Burocco]

In foto: Dilma Rousseff
In foto: Dilma Rousseff
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22 Aprile 2016 - 16.37


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Laura Burocco*
La votazione di domenica per l’approvazione della continuità della procedura d’impeachment della presidente Dilma Rousseff se da una parte ha ufficialmente aperto un colpo di stato ha anche generato una forte risposta da parte della società civile.
Le dichiarazioni di voto offerte dai vari deputati, principalmente uomini, eterosessuali, bianchi a mogli, madri, figlie, nipoti, padri, tutti citati con nome proprio, così come il voto dedicato ai fondamenti del cristianesimo, a Dio e alla famiglia quadrangolare (si fa qua riferimento all’International Church of the Foursquare Gospel, una chiesa evangelica fondata negli Stati Uniti nel 1923), alla pace a Gerusalemme, alle forze militari, agli agricoltori (tradotto latifondiari terrieri) addirittura “parafrasando Martin Luther King” non sono in sé sorprendenti. Quello che ha sbalordito le migliaia di Brasiliani che domenica hanno assistito a sei ore di questo grottesco spoglio di voti, è stata l’evidente incapacità politica dei politici che li rappresentano.
Abbiamo assistito a parlamentari impreparati, senza formazione politica, senza capacità oratoria, che dovrebbe essere una qualità basica di qualsiasi buon politico; molti urlavano, confondendo forza politica con arroganza grossolana. Guardando la votazione e le immagini delle diverse manifestazioni contro l’impeachment, che si propagavano di ora in ora, non sembravano riferirsi allo stesso paese. Allo stesso modo la risposta massiccia cui stiamo assistendo in questi giorni post voto nelle reti sociali fa sorgere il dubbio su quale sia la possibilità di questo governo ad interim di potersi sostenere.
Non è solo l’evidente incapacità politica ad apparire di forma grave, ma anche la deviazione della comprensione della natura laica dello Stato per l’assunzione dichiarata della natura prevalentemente evangelica; l’evidenza del perpetuarsi di una logica clientelare basata su favoritismi familiari e antichi che permette il perpetrarsi di un’organizzazione sociale basata sulla diseguaglianza e il privilegio di famiglia. Volendo facilitare la lettura a osservatori esterni si potrebbe fornire questo glossario: agricoltori = latifondiari; famiglia = conte bancarie e altre attività derivate da patrimoni personali; Dio=incapacità argomentativa in campo costituzionale.
Ad aggravare ulteriormente la situazione, la dichiarazione che accompagna il voto del deputato Bolsonaro, giustamente definito da [url”Glenn Greenwald”]https://theintercept.com/2014/12/11/misogynistic-hateful-elected-official-democacratic-world-brazils-jair-bolsonaro/ [/url] come il più misogino, odioso ufficialmente eletto nel mondo democratico. Bolsonaro, che era parte delle forze armate durante la dittatura e di cui è ancora un ardente sostenitore, apre la sua dichiarazione di voto dicendo: “Come hanno perso nel 1964 perderanno nel 2016” comparando l’attuale momento politico brasiliano con la vittoria del golpe militare nel ‘64; continua dicendo che “avrebbe sconfitto i comunisti” e rende omaggio al colonnello Carlos Alberto Brilhante Ustra, ex capo della II armata dell’esercito DOI-CODI, uno dei principali torturatori durante la dittatura militare. Peraltro torturatore dell’attuale presidenta Rousseff.
In seguito al voto il deputato Jean Wyllys, omosessuale dichiarato e uno dei parlamentari brasiliani più attivi in difesa dei diritti umani, specialmente in relazione ai diritti LGBT, in seguito a nuove offese a lui rivoltagli da parte di Bolsonaro, gli ha sputato in faccia. Il partito di Bolsonaro ha avviato il caso al Consiglio di Etica della Camera dei Deputati, caso al quale il presidente José Carlos Araújo (di un partito vicino a quello di Bolsonaro) ha già detto che darà proseguimento. Nel frattempo già i deputati pro impeachment parlano apertamente di amnistia che dovrebbe essere offerta a Cunha, il presidente della Camera, in cambio del servizio offerto al paese essendo stato il principale orchestratore della richiesta d’impeachment. Vale la pena ricordare che Cunha è stato riconosciuto reo per il Tribunale Supremo per corruzione passiva e lavaggio di denaro (ha ricevuto tangenti dalla Petrobras per un valore di circa US$ 5 milioni). Nonostante ciò, presiedeva la Camera di votazione del procedimento d’impeachment.
Ma se questa è la drammatica situazione della politica brasiliana, dall’altra parte la società civile contra impeachment sembra improvvisamente essersi risvegliata dal torpore che sembra averla colpita dopo il caldo 2013. Di questo in parte possiamo ringraziare proprio Cunha il quale, scegliendo di realizzare la votazione in una domenica pomeriggio, ha permesso a milioni di Brasiliani di assistere a tale grottesca votazione. Se il momento politico rappresentativo brasiliano è uno dei peggiori della storia democratica del Brasile le mobilizzazioni che si stanno articolando tanto rapidamente e massivamente nelle reti social fanno sperare in una grande risposta che, come si sente sempre più dire, “vem das ruas” (viene dalle strade) resta da vedere se ci sarà la capacità effettiva di trasferire questo movimento dall’etere alla realtà, e se il momento non perderà di effervescenza con il passare dei giorni.

Se poco, o quasi nulla può essere salvato del governo Dilma Rousseff, sicuramente la forma truculenta con cui i suoi avversari si sono accaniti – specialmente negli ultimi mesi – contro la sua figura ha fatto sì che anche persone che avevano perso fiducia nel PT ritornassero ad appoggiare il partito innalzando però varie critiche e esigendo un profondo cambiamento delle politiche dello stesso PT. Le ultime manifestazioni contro l’impeachment realizzate nel mese scorso nelle città di Rio e Sao Paulo (così come altre città brasiliane) sembravano una negazione della realtà, ritornavano ad un appoggio incondizionato al partito PT e alla figura di Lula che comunque non ha mai smesso di esercitare un forte carisma sul popolo brasiliano.
La situazione in questo momento in Brasile prevede che: il processo d’impeachment proceda al Senato per essere ratificato, ma si tratta di una semplice formalità essendo la maggioranza richiesta già sicura. In una settimana la presidenta dovrà lasciare il Planalto e al suo posto arriverà ad interim il suo attuale vice Michel Temer che avrà 180 giorni per formulare un nuovo governo. Fuori dai palazzi del potere il popolo brasiliano comincia a farsi domande sul proprio voto, sulla capacità rappresentativa dei propri eletti, sulla reale lotta alla corruzione tanto dichiarata da molti dei deputati che hanno votato domenica in nome di Dio e delle loro famiglie e che, giorno dopo giorno, sono indiziati per deviazione di fondi pubblici. Chissà che il momento più buio di una democrazia di facciata non si possa trasformare nel punto di inizio di un complesso processo di costruzione di una reale democrazia.


*Dottoranda italiana presso la Scuola di Comunicazione della [i]Universidade Federale do Rio de Janeiro, vive a Rio de Janeiro dal 2004 dove ha lavorato fino al 2011 per la cooperazione italiana.[/i]

 

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