La Realpolitik ostacola la caccia ai killer di Giulio Regeni
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La Realpolitik ostacola la caccia ai killer di Giulio Regeni

Ancora alta tensione tra Roma e Il Cairo per l'omicidio Regeni, ma il ruolo fondamentale dell'Egitto in Libia potrebbe portare l'Italia a un bivio.

Giulio Regeni
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16 Maggio 2016 - 18.53


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I tentativi italiani di fare pressione sull’Egitto per l’omicidio di Giulio Regeni sono ostacolati dal desiderio di Roma di far entrare in gioco il Cairo nella questione libica. Le tensioni dei mesi scorsi tra Italia e Egitto per l’uccisione de ricercatore italiano, culminate nel richiamo dell’ambasciatore italiano, potrebbero avere una nuova svolta. La realpolitik infatti potrebbe ostacolare il corso della indagini che dovrebbero assicurare i killer di Regeni alla giustizia. L’Italia e i suoi alleati sostengono infatti il governo di Fayez al-Sarraj: ed è evidente che per avere successo, il nascente governo libico ha bisogno di allearsi e di essere sostenuto anche con l’Egitto.

Un alto funzionario del governo italiano, rimasto anonimo, ha però raccontato delle preoccupazioni italiane per il presunto sostegno dell’Egitto a Khalifa Belqasim Haftar, il comandante anti-islamista del governo di Tobruk. Il funzionario ha spiegato che l’Egitto sta aiutando militarmente il governo di Tobruk, ostacolando il già difficile processo di pace.

Il Ministero degli Esteri italiano ha rifiutato di commentare ufficialmente questo presunto sostegno, ma certamente la nuova situazione politica in Libia animerà nelle prossime settimane anche il caso del ricercatore italiano.

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Dall’Egitto, Farj Selim al-Habaty, l’addetto militare libico al Cairo, fedele al governo di Haftar, ha spiegato: “C’è una cooperazione a livello di intelligence, ma non c’è l’esportazione di armi dall’Egitto alla Libia”. Ha però aggiunto che il sostegno è stato “solo logistico” e che l’Egitto alla fine sosterrà il governo di unità nazionale in Libia dopo che il Parlamento avrà deciso definitivamente sulla questione.

Sembra che le potenze occidentali siano ormai riuscite a convincere la maggior parte dei contendenti a sostenere il coverno di Al Serraj. La diplomazia ha dovuto lavorare per mettere tutti d’accordo, soprattutto lo stesso Haftar che ha spiegato che sosterrà comunque il nuovo governo di unità nazionale. Questo è ciò che si augura anche Paolo Gentiloni, ministro degli esteri in Italia, che ha spiegato come Haftar “può e deve” avere un ruolo fondamentale in un governo di transizione in Libia, ma che il suo ruolo deve essere deciso dal governo guidato da Sarraj.

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L’Italia ha tre principali interessi in Libia: la stabilità politica è fondamentale per arginare il flusso di rifugiati e migranti verso l’Italia meridionale; sconfiggere la minaccia dell’Isis, sempre più vicina alle coste italiane;  per proteggere i propri interessi economici, come i giacimenti di petrolio e gas naturale, che appartengono alle società energetiche italiane.

“L’Egitto sostiene Haftar, politicamente e militarmente, e il supporto è legati ai paesi del Golfo che fin dall’inizio hanno sostenuto Haftar”, ha detto Raffaele Marchetti, professore di relazioni internazionali presso la Luiss. Così si è messa in luce la difficoltà della diplomazia italiana, una vera e propria rotta di collisione: da un lato la necessità di lavorare con l’Egitto per la pace in Libia, dall’altro non cedere terreno sul caso Regeni, per scoprire finalmente la verità sulla morte del nostro ricercatore.

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