Il Remain ha perso il referendum con 16.141.241 voti. I britannici che hanno votato per uscire dall’Ue sono stati 17.410.742.
Tra i giovani stravince il ‘Remain’ che invece cala pericolosamente nelle fasce di età più alte. E’ quanto emerge dalle analisi con cui l’istituto Yougov accompagna il suo opinion poll (che dà il ‘Remain’ in vantaggio di 4 punti). Secondo Yougov a votare per la permanenza della Gran Bretagna in Ue è stato il 73% dei votanti tra i 18 e i 24 anni e il 54% dei votanti tra i 25 e i 49 anni. Nella fascia di età che va dai 50 ai 65 anni il ‘Remain’ cala al 42% per ‘precipitare’ al 36% tra gli over 65.
Diversi i dati da sottolineare che emergono da una prima analisi del voto. Innanzi tutto Scozia, Irlanda del Nord (e anche Londra) hanno votato largamente per restare. Il Galles e il resto d’Inghilterra per l’uscita. In particolare In Irlanda del Nord il Remain ha vinto con il 55,8% a fronte di un 44,2% attribuito al Leave. In Galles il Leave ha ottenuto il 52,5% battendo il Remain, fermatosi al 47.5%. In Scozia il no alla Brexit ha prevalso col 62,0% mentre per l’uscita dall’Ue ha votato il 38,0% degli elettori. Così il Regno Unito potrebbe ora affrontare una minaccia per la sua sopravvivenza: un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese dopo che quello del 2014 aveva sancito il legame con il Regno Unito. La prima ministra sella Scozia Nicola Sturgeon ha dichiarato infatti che il voto “chiarisce come la gente della Scozia veda il proprio futuro come parte dell’Unione europea”.
La rabbia. Dopo l’uscita di Londra dall’Ue, si infiammano gli animi a Edimburgo e Belfast. L’ex primo ministro scozzese Salmond: “Ora un altro referendum per uscire dal Regno Unito” Il suo successore Sturgeon: “Noi siamo europei. E vogliamo rimanere nell’Unione”. E in Ulster lo Sinn Féin chiede una consultazione per la riunificazione dell’Irlanda.
Scozia. Paradossale la situazione della Scozia, che fa parte del Regno Unito insieme a Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord e dove proprio oggi arriva il candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump. Due anni fa, al referendum indipendentista lanciato dall’allora premier nazionalista Alex Salmond, ha votato contro l’addio a Londra. Ora, nonostante ieri tutti i 32 circoscrizioni abbiano scelto in blocco l’Europa e Bruxelles (per un totale di oltre il 60% di voti), si ritrova fuori dall’Unione, contro la sua volontà popolare. Dopo la notizia della vittoria del Brexit, Salmond in un’intervista a ITV ha subito accennato un altro referendum di indipendenza da Londra “nel giro di due anni”, la cui richiesta scatterà appena il premier britannico David Cameron (o chi per lui, visto che il suo futuro politico appare molto incerto) inizierà i negoziati con Bruxelles per uscire definitivamente dall’Unione. “Noi vogliamo rimanere in Europa”, ha detto l’ex primo ministro, “anche se questo non significherà che adotteremo l’euro”. E dal suo partito, lo Scottish National Party, filtra “che bisognerà trovare qualche meccanismo per preservare il nostro rapporto con Bruxelles”.
Irlanda. La Brexit ha riacceso gli animi anche in Irlanda del Nord, che a breve potrebbe diventare un altro fronte caldissimo. Si invoca un altro referendum, stavolta per la riunificazione delle due Irlande, dal momento che Dublino appartiene fedelmente all’Unione Europea. “Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, l’Irlanda dovrebbe andare al voto per la propria riunificazione”, ha detto il vicepremier dell’Irlanda del Nord, Martin McGuinness, storico leader del partito nazionalista irlandese Sinn Féin ed ex affiliato dell’Ira. Perché con la Brexit, ha spiegato, ci sono “enormi conseguenze per l’intera isola d’Irlanda, che andrebbero contro le aspettative democratiche del popolo. E l’elettorato dovrebbe avere il diritto di votare per mantenere un ruolo nell’Ue”.