di Oreste Pivetta
Il successo di Trump non mi ha certo reso felice, ma non mi avrebbe reso felice neppure quello di Hillary Clinton. Ascoltando il futuro presidente nel suo discorsino di ringraziamento, mi hanno colpito le buone maniere, le ripetizioni continue (quanto volte ha pronunciato l’aggettivo “straordinario”? vocabolario elementare? un po’ d’alzheimer?), le promesse di pacifici rapporti con tutti i paesi del mondo, il programma di politica economica (case, ospedali, scuole, ferrovie, persino tunnel, insomma investimenti pubblici come insegnava Keynes… una svolta… a proposito Trump almeno una volta in campagna elettorale ha usato l’espressione “working class”, cioè si è ricordato che esistono i “lavoratori”, dei quali si è completamente dimenticata Hillary Clinton).
Non so come farà a mantenere questi propositi. Qualche economista ce lo spiegherà.
Per ora noto invece il fallimento dei sondaggi e la caduta dei nostri grandi commentatori e inviati, grandi testate e Rai, che evidentemente dell’America conoscono solo Central Park e dintorni, mentre sarebbe bastato guardarsi qualche film (anche di serie B) e qualche telefilm per capire qualcosa in più dei sentimenti dell’altra America e del voto presidenziale. Adesso, a partita chiusa, fioriscono le analisi sulla povertà, sull’esclusione, sulla marginalizzazione, eccetera eccetera. Conosciamo la storia, perché nel nostro piccolo l’abbiamo vissuta. Così credo (e chiedo consiglio)… cioè credo che la vittoria di Trump sia stata determinata non solo dalla mediocrità o dalla obsolescenza della rivale, compromessa con i poteri finanziari, con Wall Street e con le sue mail, ma soprattutto dall’onda variegata gonfiata dalla crisi della cultura, dal tracollo della democrazia, dall’asfissia morale da consumismo e da televisione, ovviamente dalle difficoltà economiche e naturalmente dalle ingiustizie sociali, dai mutui subprime e dalla disoccupazione, dal fiorire di enormi ricchezze, dal moltiplicarsi delle nuove povertà, dalle paure dei ceti medi, eccetera eccetera.
Trump raccoglie la voglia di rivincita, strumentalizza la sfiducia e fa il “rottamatore” della politica colpevole, non avendo peraltro mai avuto per sé alcun ruolo politico. Trump fa quello che ha fatto da noi Berlusconi, quello che sta facendo Renzi, quello che domani potrebbe fare Grillo (a proposito credo che Berlusconi,se si presentasse oggi alle elezioni in Italia con la faccia del “giovane imprenditore di vent’anni fa”, vincerebbe con il settanta per cento dei voti). Aggiungiamo Umberto Bossi. Nel mondo non contiamo nulla, tuttavia abbiamo di che fare scuola.
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