“Prima credevo che i panni sporchi si dovessero lavare in casa… Anche se vivevo una situazione terribile, tacevo… In silenzio, fino a quando il mio ex marito mi picchiò più violentemente del solito … Mi procurò una commozione cerebrale, diversi ematomi sul viso e sul corpo…Fu allora che decisi di non stare più zitta”.
Aliona Kravetz, ex moglie di un oligarca russo, ha deciso di rompere il silenzio. Parla della sua esperienza, del fenomeno della violenza domestica, reato appena depenalizzato in Russia, dopo un lungo iter parlamentare. Una misura che scuote le donne, indigna il Paese. Cresce l’idea che non si possa far passare in silenzio un provvedimento che va contro la stessa storia della Russia. Lo ricorda Irina. Lei ha quasi 90 anni, ha vissuto la violenza e la durezza della guerra, gli anni più difficili dell’Unione Sovietica. L’arco dei suoi ricordi è un pezzo importante della storia di questo Paese. Irina ricorda il sacrificio delle donne quando la realtà si faceva più dura, ne ricorda il coraggio e la dedizione nel momento della ricostruzione.
“Nell’Unione Sovietica per reati come quelli che oggi vogliono depenalizzare si andava in galera. L’impunità di queste violenze erano appartenute al tempo degli zar… A cosa è servita la rivoluzione sociale se ora dobbiamo subire questo oltraggio?”. Irina è indignata. Ormai esce poco, ma il mondo arriva entra ella sua casa attraverso lo schermo del pc, coi messaggi WhatsApp, con le voci di donne più giovani che incrocia al telefono. Le donne russe. Si indignano e seguono le altre donne del mondo. Vedono sfilare centinaia di migliaia di donne americane contro la politica di Trump; in queste ore seguono lo stesso movimento che occupa gli aeroporti per dire no ai muri che la nuova amministrazione americana ha deciso di alzare. Quel che accade negli Usa potrebbe disegnare una “scintilla rosa” nei cieli di Mosca? Presto dirlo. Nell’attesa, parlano i numeri, e sono drammatici. Ogni giorno, in Russia, 36mila donne subiscono violenze, il 40 per cento dei reati più gravi avviene proprio tra le mura di casa. Vittime, non solo le donne, ma anche bambini e anziani.
“Ogni giorno ricevo sulla mia posta elettronica tante denunce di altre donne, di minori da tutto il Paese.Mi raccontano di botte e umiliazioni.” Torna a parlare la giovane Aliona. È convinta che l’antico proverbio russo “biet tak liubit” (“se picchia vuol dire che ama”) sia il retaggio di tempi che non devono più tornare. E che le donne debbano battersi contro la violenza in famiglia: “Non dobbiamo tacere, è tempo di mobilitarsi… In Russia, come in tanti altri Paesi, il problema esiste ed è enorme,anche se in molti continuano a tacere…”.
Il 4 febbraio potrebbe iniziare un’altra storia.