Più isolazionismo, marginalizzazione delle organizzazioni internazionali e più volontà di sbrigare i problemi da soli, come vecchi “gendarmi del mondo”.
L’ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Nikki Haley, ha iniziato una revisione completa delle operazioni di peacekeeping che si concluderà, con ogni probabilità, con la riduzione del numero dei militari statunitensi nelle missioni di pace internazionali. Assumendo l’incarico, Haley si è impegnata a riformare le Nazioni Unite e “rimuovere” le attività “obsolete”, mentre la nuova maggioranza a Washington si dice sempre più convinta della necessità di una drastica riduzione dei finanziamenti americani all’Onu.
Haley ha avviato una revisione di ciascuna delle 16 operazioni di pace delle Nazioni Unite e si è detta “abbastanza scettica” circa l’efficacia di molte operazioni di peacekeeping, ha spiegato un diplomatico del Consiglio di sicurezza sotto copertura di anonimato.
Pochissimi soldati americani sono dispiegati in operazioni di mantenimento della pace, ma gli Stati Uniti sono di gran lunga il maggiore contributore finanziario alle operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite, con quasi il 29% del bilancio, 7,9 miliardi di dollari ogni anno. L’ambasciatore ed ex governatore della Carolina del Sud ha messo in chiaro che intende portare la quota di finanziamenti Usa alle operazioni di pace Onu a meno del 25% ed ha suggerito che altri paesi assumino maggiori responsabilità. “Dobbiamo cominciare a incoraggiare altri paesi a mettere i loro interessi in gioco”, ha commentato.
Nessuna lista è stata ancora elaborata, ma alcune fonti diplomatiche hanno suggerito che le missioni delle Nazioni Unite ad Haiti e in Liberia sarebbero a rischio di chiusura anticipata. Il capo delle operazioni per il mantenimento della pace, Hervé Ladsous, si recherà in visita ad Haiti la settimana prossima per una valutazione che potrebbe portare alla chiusura della missione.
Alcuni esperti hanno segnalato che una riduzione delle missioni di pace internazionali potrebbe avere delle gravi conseguenze per la stabilità dell’Africa, dove sono dispiegate nove delle 16 operazioni dei Caschi blu dell’Onu.
Il taglio dei finanziamenti americani potrebbe spianare la strada alla Cina, secondo contributore finanziario e più importante partner commerciale dell’Africa. Pechino destina alle operazioni di pace Onu il 10,3% del suo budget, seguito da Giappone (9,7%), Germania (6,4%), Francia (6,3%) e Gran Bretagna (5,8%).
La Monusco, la missione più importante e più costosa, forte di 22.000 uomini nella Repubblica democratica del Congo, potrebbe essere ridotta. Dispiegata da 18 anni, dispone attualmente di un budget annuale di 1,2 miliardi di dollari.
La missione congiunta Nazioni Unite-Unione africana nella regione sudanese del Darfur (Unamid) è considerata come un’operazione costosa e inefficiente perché è stata bloccata più volte dal governo sudanese. Halley ha già espresso dubbi circa l’invio di forze di pace per il Sud Sudan, citando l’opposizione del presidente Salva Kiir, nonostante la presenza di circa 200.000 rifugiati civili nelle basi delle Nazioni Unite. “Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di venire a pacificare e di andarcene”, ha detto l’ambasciatore durante la sua audizione di conferma davanti al Senato Usa.
In Costa d’Avorio, gli ultimi Caschi blu si ritireranno nel prossimo mese di giugno, mentre il Consiglio di sicurezza ha rinnovato la missione Unmil in Liberia fino a marzo 2018, per quello che dovrebbe essere l’ultimo anno.
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