Ragazzo stuprato: chi soffia sul fuoco a Parigi?
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Ragazzo stuprato: chi soffia sul fuoco a Parigi?

Si può accendere la miccia: a qualcuino conviene che si faccia esplodere la casa matta

Protesta a Hulnay sous Bois
Protesta a Hulnay sous Bois
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

7 Febbraio 2017 - 16.07


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Chi soffia sul fuoco? Perché è certo che qualcuno a Parigi ci sta provando. E lo fa, soffiando sulla stessa brace dove il fuoco era ormai spento, in quella cinta della capitale francese che nel 2005 era esplosa in rivolta. Hulnay sous Bois, poco più di ottantamila abitanti, tradizione operaia per la presenza di uno stabilimento della Peugeot, sembra fatta apposta per provarci. Qui nel 2005 fu una sommossa. Le banlieus in fiamme. Ed è tornata la rivolta nelle tre notti trascorse, fuoco e fiamme, tre ristoranti presi d’assalto. Come si sa, tutto è accaduto giovedì, con quella violenza su un giovane di colore, nel corso di una normale operazione di polizia. Botte a Theo, 22 anni, botte e una violenza sessuale gratuita, tanto gratuita da apparire premeditata. Può, un poliziotto di una città come Hulnay sous Bois violentare con un manganello ad espansione un giovane di colore senza mettere nel conto che questa violenza scateni una rivolta? Non è possibile, tutto appare maledettamente premeditato. E se si accende la miccia, logico pensare: a chi conviene che la miccia faccia esplodere la casa matta?
L’Europa sta attraversando una fase delicatissima, con una forte offensiva delle destre conservatrici, spesso xenofobe, a volte apertamente razziste. E di questa Francia della quale proprio ieri sera, opportunamente, il Tg3 ha disegnato la geografia, Parigi è il cuore. Nel bene e nel male. E’ il cuore della resistenza a questa deriva, è lo “spazio” da conquistare, il più ghiotto della destra europea. Destre ringalluzzite dalla vittoria e dalle prime rozze e violente decisioni del nuovo presidente degli Usa. Tutto sembrava facile per Marine Le Pen, con la crisi di una sinistra logorata dalla presidenza Hollande, e dalla contestuale, crisi del centro destra moderato. Dopo le sconfitte, Marine Le Pen o vince adesso o mai più. Tutto sembrava facile, quello che maturava nel mondo e in Europa, oltre che in Francia, questa volta sembrava disegnare una via in discesa verso l’Eliseo per la bionda Marine.
Forse bastava mettere all’incasso la paura assorbita dal francesi nei sanguinosi attacchi terroristici. Questa, legata alla crisi delle altre forze politiche, era la chiave per aprire le porte del palazzo più prestigioso di Parigi. Ma, fino alle cose maturate in casa socialista, con una candidatura, quella di Benoit Hamon, che suggerisce l’apertura di una inaspettata fase di recupero della sinistra. Lo dicono già i sondaggi, che indicano la tentazione dell’elettorato moderato di riversarsi, orfano, non ancora più a  destra, ma a sinistra. Una sinistra non moderata, rigenerata anche dal punto di vista anagrafico. A questo guarda chi teme le sfugga una vittoria troppo presto pregustata.
A decidere sarà la gestione della rabbia. Occorrerà moderazione e intelligenza. Occorrerà individuare e punire tutte le responsabilità, anche quelle in ombra. responsabilità che si richiede alle diverse parti in campo: il governo, la società civile, a quella Francia colorata frutto del percorso delle genti che nutre le democrazie e i cambiamenti.

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