”Nero è bello” fu lo slogan che, tra gli anni ’70 ed ’80, tradusse, in una frase, l’orgoglio degli afroamericani, dopo il superamento di gran parte delle barriere razziali e l’affermarsi nei campi dello spettacolo (chi non ricorda l’epopea della Tamla Motow, l’etichetta discografica nera nata a Detroit?) e dello sport professionistico (con gli atleti di colore a raggiungere fama e denari).
Il processo di equiparazione tra bianchi e neri non s’è ancora concluso e a dirlo non sono solo le rabbiose proteste che, immancabilmente, si scatenano quando qualche poliziotto americano uccide un ragazzo di colore. Ma, si potrebbe obiettare, la democrazia di un Paese si vede anche nelle politiche equitative. E’ così, ma in una sgradevole classifica, i morti ammazzati neri avrebbero sempre la leadership rispetto agli ispanici ed agli appartenenti ad altri gruppi razziali.
Guardando i tanti programmi che le televisioni ci propongono è difficile non accorgersi di come in determinati settori la razza nera sia più e meglio rappresentata, anche se questo non certifica l’avvenuta equiparazione.
La questione nera negli Stati Uniti fa però dimenticare che, in altri Paesi del Continente, pure essi interessati dal nefasto fenomeno dello schiavismo, la condizione delle persone di colore è fortemente negativa. Sono passati secoli dall’arrivo, nelle Americhe, delle prime navi con il ventre pieno di neri stipati in condizioni disumane dopo essere stati strappati alla loro terra, alle loro famiglie, alle loro usanze, alla loro religione. Ma, nonostante il tempo trascorso, la questione della condizione delle persone ”conseguenza” dello schiavismo è di pregnante attualità.
Uno dei Paesi simbolo di questa problematica è la Colombia, nonostante il fatto che, recentemente, due esponenti della comunità nera siano stati chiamati ad assumere responsabilità nel governo nazionale. Come il nuovo ministro della Cultura, che, ha sottolineato il presidente Alvaro Uribe, è stata nominata non per il colore della sua pelle, ma per le sue capacità. Una frase che la dice lunga sul clima che si respira nel Paese dove le problematiche della comunità nera sono note e purtroppo non ancora risolte, tanto da consigliare al massimo rappresentante delle istituzioni di rivendicare come un atto di coraggio nomine che dovrebbero essere assolutamente normali.
Un interrogativo che ci si potrebbe porre è come mai in Colombia, così come in altri Paesi del subcontinente americano, la popolazione nera sia ancora così indietro nella società. Di tempo per accorciare le distanze ne è passato parecchio e, in fin dei conti, è solo nello sport che qualche significativo passo è stato fatto.
Però, come ha ammesso in una intervista alla BBC Pastor Murillo, afrocolombiano, tra i responsabili del settore delle minoranze etniche in seno al Ministero della Giustizia e dell’Interno, ”i neri in Colombia si trovano alla base della piramide sociale ed occupano gli ultimi posti negli indici di sviluppo umano”.
”Solo nell’educazione di base – ha sottolineato quasi con mestizia Murillo – gli afrocolombiani hanno un ritardo di 30 anni rispetto al resto del Paese”. Ovvero, i colombiani discendenti degli schiavi non progrediscono socialmente essenzialmente perché esclusi dai cicli scolastici migliori e qualificanti.
La situazione di emarginazione ha avviato un processo di urbanizzazione di sempre più consistenti flussi di neri verso le grandi città (solo negli ultimi anni 139 mila persone sono state coinvolte in questo fenomeno). E come accade quasi sempre, il tessuto produttivo delle città non li accoglie, costringendo chi arriva dalle campagne a vivere ai margini della società, sopravvivendo in qualche modo (e qualcuno di questi ”modi” si concretizza in un umiliante degrado morale). E’ abbastanza significativo il fatto che, nei 188 anni di storia della repubblica colombiana, ci sia stato un solo presidente nero, peraltro provvisorio. Si chiamava Juan Jose Nieto e fu presidente per pochi mesi nel 1861. Come ogni presidente, ebbe una effige ufficiale che però rimanda l’immagine di un uomo dalla pelle chiara, quasi bianca.
Certo, recuperare secoli di ritardo è operazione difficile e lunga. La Colombia ci sta provando, come dimostra la cooptazione di neri nella classe politica dirigente.
Oggi i colombiani sono circa 36 milioni e di essi il 4 per cento sono neri. Poi, su 268 membri del Congresso, i neri sono appena nove. Negli anni i neri colombiani come quelli di altri Paesi hanno imboccato un difficile quanto coraggioso cammino di rivendicazioni che passa per le manifestazione di protesta, ma anche nel rifiuto di definizioni che restano mortificanti.
Quindi non più ”neri”, ma afrodiscendenti.
Un termine, ha detto lo storico paraguaiano Romero Rodiguez, pure lui nero, che ”porta implicitamente la nostra provenienza, rivendica la nostra identità e i nostri diritti”.