Li chiamano gli “angeli della discarica”. Sono i bambini e i ragazzi che a Tzacanihá, uno dei villaggi del comune di San Pedro Carcha, in Guatemala, sono costretti a vivere in estrema povertà ai margini di un enorme ammasso di rifiuti. Un luogo insalubre che però dona al tempo stesso qualche forma di sostentamento a una popolazione che non ha niente.
Nella discarica lavorano, infatti, molti minori che aiutano – attraverso il riciclaggio degli oggetti – le loro famiglie. Ed è a sostegno di questa popolazione che opera il padre salesiano Vittorio Castagna con un progetto di Missioni Don Bosco.
“San Pedro Carcha è uno dei comuni della regione di Alta Verapaz in Guatemala, qui la popolazione è totalmente indigena dell’etnia Maya-Q’eqchi, ed è priva di opportunità economiche, priva di mezzi di trasporto e priva soprattutto di visibilità a livello mondiale – spiega il missionario -. Le famiglie non possiedono servizi di base come la scuola, una casa ben costruita, assistenza sanitaria, accesso a una alimentazione variegata, acqua potabile e elettricità – aggiunge – Si tratta spesso di nuclei familiari patriarcali e numerosi, mediamente tra i 9 ai 15 elementi, dove la donna partecipa molto poco nelle attività produttive. Questa concezione della famiglia è anche una delle barriere Q’eqchi in cui è difficile intervenire”. Il sostentamento economico si limita alla vendita dei prodotti agricoli che non sono di consumo giornaliero, come il cardamomo e il caffè.
“Molto spesso questa povertà estrema giustifica la partecipazione dei bambini nell’attività lavorativa. Già dall’età di 6 o 7 anni iniziano a tagliare legna nel bosco per alimentare il fuoco della cucina, crescendo iniziano a coltivare i campi e in età ancora giovane a volte viaggiano lontano a lavorare le coltivazioni di palma africana di cui sono proprietari alcune multinazionali – aggiunge Castagna -. A Tzacanihá, uno dei villaggi del comune di San Pedro Carcha, la situazione appena descritta si realizza nella forma più radicale. La popolazione di Tzacaniha non possiede un terreno proprio, le terre sono state invase e occupate da parte di persone disperate in cerca di un piccolo spazio dove poter vivere.
Il terreno è statale. Non avendo molte opportunità gli abitanti di Tzacaniha si dedicano al lavoro di riciclaggio nella discarica. La discarica è un ambiente orribile, nessuna persona dovrebbe nemmeno avvicinarsi a uno spazio con livelli di contaminazione sproporzionati”. Il missionario spiega che il problema non è solo la spazzatura: “In questo luogo lanciano i cadaveri di animali e in qualche caso hanno anche lanciato cadaveri umani. La presenza permanente degli avvoltoi suggerisce che i resti organici sono presenti – aggiunge – Vedere queste persone che scavano nella spazzatura per trovare oggetti riciclabili o addirittura rivendibili davvero è impressionante. Il lavoro infantile nella discarica è evidente, soprattutto quando una donna è senza marito e porta i suoi piccoletti alla discarica in cerca di qualcosa che possa aiutare la famiglia”.
Il progetto della Missione don Bosco punta proprio a riscattare questi ragazzi, offrendo loro un’educazione scolastica e una prospettiva di vita migliore. Lo stesso padre Vittorio ha incontrato questi ragazzi quasi per caso passando vicino alla discarica, ma quando scendeva dall’auto i bambini scappavano. “Andavo solo per salutarli e saluto dopo saluto i bambini iniziarono a non avere paura. In alcune occasioni gli portavo riso con soia e altri alimenti – racconta – Mentre portavo da mangiare mi chiedevo che si potesse fare per migliorare la condizione di questi piccoli e fragili bambini. Il mio sogno era vederli a scuola come qualsiasi bambino della loro età”.
Un giorno, “come se la Provvidenza giungesse dal cielo – dice -, arrivano alcuni professionisti di Missioni Don Bosco a filmare un documentario sulla popolazione Q’eqchi e anche sulla discarica”. Il film realizzato è “Uomini di mais”, prodotto da Eurofilm srl per l’Associazione Missioni Don Bosco un omaggio all’omonimo romanzo dello scrittore guatemalteco Miguel Ángel Asturias, premio Nobel per la letteratura nel 1967.
Per i Q’eqchi e par la cultura dell’ixim, il mais è sacro. Dall’incontro con la missione è nato un progetto che ha portato già alla finale del 2015, esattamente, a novembre, ha dato inizio all’ iscrizione dei bambini nella scuola salesiana di Carcha, il cui direttore è padre Victor. Missioni don Bosco riuscì ha coperto tutte le spese dei ragazzi, compreso il trasposto e la merenda giornaliera. “Grazie al progetto poco a poco i bambini hanno imparato diversi valori, hanno imparato il rispetto, avere tra loro una buona relazione umana, hanno imparato a parlare bene, soprattutto con l’utilizzo dello spagnolo che prima per loro era molto debole, perché tutti i bambini sono Maya- Q’eqchi – aggiunge -.
Nella maggior parte dei casi hanno anche completato bene gli studi. Un risultato non scontato perché la base da cui partivano era debole, a 6 anni sanno appena leggere”. Le soluzioni non solo scolastiche. “Come parrocchia siamo impegnati a motivare le autorità municipali nello sforzo di risolvere legalmente lo scempio della discarica – conclude il missionario -. Un esempio è prevedere una legge municipale che proibisca la presenza di bambini in quel posto insalubre”.