Badheea, la donna simbolo dell’8 marzo
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Badheea, la donna simbolo dell’8 marzo

Vive in Italia ma non è italiana. Fugge dalla guerra con i suoi figli. Non voleva lasciare la Siria: è una delle tante che ha scelto i corridoi umanitari invece che i barconi di morte.

Badheea
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8 Marzo 2017 - 09.23


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Badheea, donna simbolo dell’8 marzo 2017, vive in Italia ma non è italiana. Fugge dalla guerra con i suoi figli. Non voleva lasciare la Siria, ma vi è stata costretta ed ha dovuto attraversare il calvario di ogni fuggiasco di sempre: terre straniere, paura, violenza, inaccoglienza, estraneità…Tutti vogliono partire con i barconi ma lei, con la pazienza e la fiducia della grande donna, persuade un’itera comunità ad affidarsi a degli sconosciuti, volontari venuti dall’Europa, che promettono una cosa mai sentita prima: i corridoi umanitari.

Dice la donna: «Siamo fuggiti dalla Siria perché non volevamo uccidere e non volevamo essere uccisi, ma la paura ci ha inseguiti ed è sempre rimasta con noi.

Il mare sembrava l’unica strada. Sapevamo che era pericoloso, ma era certamente più rischioso rimanere lì. Non chiedetemi del mio paese: è bellissimo. Ma nel mio paese alla mia destra c’era un gigante chiamato ingiustizia, alla mia sinistra un boia chiamato schiavitù, e dietro di me un regime che ci tortura da anni.

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Stavamo davvero per togliere le tende e partire con la barca. Se non lo abbiamo fatto è stato solo per la vicinanza dei volontari italiani. Maria mi abbracciava e mi diceva di non piangere e che insieme avremmo trovato una soluzione. Ma mentre me lo diceva anche lei piangeva. Marta e Gennaro piangevano, Abu Ric e Abu Tony piangevano e tutti mi dicevano: “non piangere Badheea, noi stiamo con te”. Poi fu chiaro. Si apriva per noi una strada nuova: qualcuno ci aveva preparato un posto. Ecco cos’è la speranza: sapere che qualcuno è con te, ti aspetta e ti prepara un posto.»

Il racconto di questa donna-simbolo è nel bellissimo libro Badheea, di cui è autore uno devi volontari, Mattia Civico, e che ho avuto il privilegio di presentare pochi giorni fa alla Camera dei deputati.

 La storia di Badheea è una storia corale e racconta gli inizi di quello che viene ormai chiamato “il modello per l’Europa” d’innanzi all’inferno siriano. Il 29 febbraio 2016, alle 7 di mattina, atterra a Fiumicino un volo Alitalia proveniente da Beirut. Novantatré persone, in gran parte bambini, tutti siriani. È il primo corridoio umanitario che porta in salvo un gruppo di persone in fuga dalla guerra. In sicurezza e lontano dalle mani dei trafficanti. Fra di loro c’è anche la donna protagonista di questo libro, Badheea. Un libro che racconta anche di un gruppo di volontari italiani, i corpi civili di pace dell’Operazione Colomba della Comunità papa Giovanni XXIII, che hanno vissuto con Badheea e con la sua famiglia per tre anni nei campi profughi del Libano. Racconta di un passaggio verso una vita degna di essere vissuta, del corridoio umanitario aperto dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Federazione delle Chiese Evangeliche e dal Tavolo Valdese, che ha consentito a Badheea di richiedere protezione internazionale.

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