Oggetti dal valore inestimabile, spazzati via dalla barbarie umana: dopo sei anni dall’inizio del conflitto le forze di liberazione sono riuscite a entrare nuovamente nel museo di Mosul e ciò che hanno trovato è solo devastazione. Pezzi come il Toro alato degli assiri e la statua del Dio Rozhan sono stati distrutti dalla furia iconoclasta dell’Isis. Nel museo di Mosul, che prima dell’inizio della guerra poteva contare sulla seconda raccolta archeologica del Paese e una delle più grandi del Medio Oriente, non è rimasto nemmeno un reperto intatto: l’occupazione jihadista ha polverizzato millenni di storia.
Fortunatamente, come ha ricordato Atheel Nuafi, l’ultimo governatore della città prima dell’assalto dell’Isis, non tutti erano originali: in diversi casi si trattava di copie, realizzate dopo il saccheggio del 2003, quando le prime settimane dopo la caduta di Saddam Hussein si trasformarono in una colossale razzia di ogni bene prezioso. Allora le autorità locali spostarono una serie di pezzi al sicuro nei caveau di Baghdad, per poi costruire delle repliche esposte nel 2012 dopo il restauro del museo.
Ma altre statue erano capolavori, che oggi non esistono più. Distrutti o trafugati, come nel caso di sette bassorilievi di Akkad, il primo impero in assoluto della storia che si estese dal Golfo Persico alle coste del Libano, che sarebbero stati rivenduti sul mercato clandestino. Tantissime inoltre le tavolette di argilla di era mesopotamica che sono state frantumate: migliaia di iscrizioni assire, sumere, accadiche, babilonesi che permettevano di leggere la vita quotidiana di trenta secoli fa.
Un danno catastrofico per l’intera comunità internazionale.