Nei Paesi del Nord Africa la giovane età che caratterizza chi contrae matrimonio è da sempre al centro di attenzione da parte di chi, soprattutto sociologi, attribuisce a questa situazione gran parte dei motivi del fallimento di un numero elevato di unioni e delle violenze domestiche che lo precedono. Il livello non è quello delle ”spose bambine” dello Yemen (oggetto di una vera e propria compravendita, a dispetto della loro età prepuberale), ma l’allarme è stato ripetutamente lanciato, senza grandi risultati ad onore del vero, da chi si batte per una vera emancipazione delle donne.
Ma a determinare crescenti timori nella comunità scientifica è la troppo alta percentuale di matrimoni contratti tra consanguinei, spesso primi cugini. Cosa che, come si può intuire, mette ad elevatissimo rischio la salute dei figli nati da queste unioni. L’ultimo forte, drammaticamente accorato segnale d’allarme viene da Dipartimento di Genetica Medica dell’Istituto nazionale d’igiene del Marocco (uno dei migliori del continente), che ha elaborato uno studio le cui inquietanti conclusioni chiedono, implicitamente, un forte intervento da parte dello Stato per una campagna che sensibilizzi soprattutto i più giovani sui pericoli dei matrimoni tra consanguinei stretti.
Il Marocco ha, sul totale delle unioni riconosciute civilmente, una percentuale di matrimoni tra consanguinei del 15,25 per cento. Un dato che può apparire preoccupante, se non si sapesse che tale percentuale in altri Paesi è nettamente più alta: dal 22/25 per cento dell’Algeria, al 25 per cento del Libano, per arrivare all’oltre il 50 per cento in Tunisia e in Arabia saudita. La spiegazione di questo fenomeno, secondo il Dipartimento di Genetica Medica (che ha sede a Rabat), è da attribuire ad una ”forte convinzione dei benefici socio-culturali di tali matrimoni”, quasi che un matrimonio debba avere sempre una colonnina di dati relativi ai costi ed ai benefici. Una affermazione che rimanda a situazioni simili che maturavano nell’Italia rurale dei primi decenni del secolo scorso, quando le occasioni per allargare la cerchia di amicizie e frequentazioni era necessariamente ristretta e quindi tutto si riduceva ad incontrare, magari in occasione di feste o sposalizi, sempre le stesse persone, cioè i parenti più stretti, con i quali magari discutere di matrimoni che non disperdessero i patrimoni o, meglio, li fondessero.
Una sorta di ”moglie e buoi dei paesi tuoi” che però nel mondo arabo musulmano ha radici ben più consolidate, perché si rifanno al ruolo marginale, quando non emarginato, riservato alla donna, spesso costretta ad accettare, senza poterle contestare, le decisioni prese dagli uomini di casa, anche se le riguardano personalmente. Il matrimonio tra due primi cugini spesso è frutto dei forti legami che si determinano in seno ad una famiglia intesa in senso classico: dal capostipite (e dalla influentissima figura della moglie) derivano figli e figlie che continuano a frequentarsi anche dopo il matrimonio e per i quali una unione ufficiale tra la rispettiva prole e quella dei fratelli altro non è che il miglior modo per rafforzare la solidità dei legami di sangue. Comunque questo fenomeno sta facendo registrare, negli ultimi tempi (soprattutto in Marocco), una evidente inversione di tendenza che non è dovuta solamente alla consapevolezza dei rischi di natura cardiaca, cerebrale o genetica cui vanno incontro i figli di due cugini di primo grado. A depotenziare il canone tradizionale di queste unioni è il lento, ma costante progredire della figura femminile nella società araba. Sempre più di frequente – anche grazie alle forti spinte per una massiccia scolarizzazione imposte dai governi, sia democratici che dittatoriali – la donna emerge in settori importanti della società, della politica, dell’economia, dello sport, diventando un esempio, rendendola in questo modo se non indipendente (nel senso occidentale del termine) quanto meno in condizione di potere esprimere la propria volontà. Cosa che non significa che le giovani arabe possono imporre il loro punto di vista, ma che per esse il meccanismo del matrimonio imposto non è necessariamente automatico. Come troppo spesso accade ancora.