Gabriele Del Grande, il documentarista e giornalista italiano arrestato ieri sera in Turchia al confine con la Siria, sta bene. A renderlo noto è la Farnesina che ha spiegato: “Il Consolato italiano a Smirne e l’ambasciata italiana di Ankara seguono con attenzione in stretto raccordo con la Farnesina il caso del giornalista italiano bloccato in Turchia, in una zona vicino al confine con la Siria”.
Secondo fonti diplomatiche a Istanbul, Del Grande dovrebbe essere espulso in 2-3 giorni. In particolare, il rientro in Italia dovrebbe avvenire dopodomani, giovedì.
Gabriele Del Grande è stato fermato ieri sera in Turchia durante un controllo di polizia al confine con la Siria.
Nella zona in cui il giornalista è stato fermato i controlli si sono irrigiditi per la vicinanza all’area di conflitto. Mentre un po’ di tempo fa, spiegano le fonti, bastava esibire una tessera stampa, ora per i giornalisti è necessario chiedere ulteriori autorizzazioni alle autorità locali. Non è noto, affermano ancora, se Del Grande ne fosse o meno in possesso, mentre la zona è fortemente sconsigliata dall’unità di crisi della Farnesina. In Turchia, sottolineano, “c’è uno stato d’emergenza con disposizioni di ordine pubblico che vengono applicate in modo rigoroso in tutto il Paese, e con maggior rigore in aree di confine”, ed è quindi possibile che “le autorità abbiano ritenuto che ci fossero gli estremi per un fermo”.
Del Grande, toscano, 34enne, da anni è impegnato sul tema delle migrazioni. Fondatore del blog Fortress Europe, che dal 2006 racconta il Mediterraneo e le vittime dei confini, è fra i tre registi di ‘Io sto con la sposa’, documentario del 2014 finanziato dal basso che racconta il viaggio di cinque profughi siriani e palestinesi per raggiungere la Svezia dall’Italia. Del Grande era partito pochi giorni fa per la Turchia, per raccogliere materiale per il suo nuovo libro ‘Un partigiano mi disse’, che sta realizzando grazie al crowdfunding.
L’idea, spiega lui stesso sul sito della raccolta fondi, è quella di “guerra in Siria e nascita dell’Isis raccontate attraverso l’epica della gente comune in un intreccio di geopolitica e storytelling”.