Siria: missile israeliano intercetta un "bersaglio" sulle alture del Golan
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Siria: missile israeliano intercetta un "bersaglio" sulle alture del Golan

L'episodio arriva poche ore dopo il bombardamento di un deposito di armi a Damasco. E Assad corre agli anti-missili russi.

Drone, Siria
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27 Aprile 2017 - 21.27


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In Siria tornano a soffiare venti di guerra tra la milizia libanese filo-iraniana Hezbollah e Israele, accusato dal governo siriano di aver condotto un raid missilistico nei pressi dell’aeroporto internazionale di Damasco.

Da Israele non confermano e non smentiscono, ma affermano di aver abbattuto in serata un velivolo non meglio identificato proveniente dalla Siria sulle Alture del Golan tra i due Paesi.

L’esercito israeliano avrebbe utilizzato il sistema di difesa aerea Patriot e “intercettato un bersaglio sopra le Alture del Golan”. Lo hanno riferito le autorità militari israeliane, senza fornire ulteriori dettagli. Secondo il Jerusalem Post, ad essere abbattuto da un missile sarebbe stato un drone che aveva violato lo spazio aereo israeliano provenendo dalla Siria. 

L’episodio arrive poche ore dopo il bombardamento di un deposito di armi a Damasco che per Israele apparterrebbe agli Hezbollah libanesi, nemici di Israele e alleati del presidente siriano Assad. 

Assad vuole l’ultima generazione di anti-missili russi. Il presidente siriano Bashar al-Assad ha affermato che il suo regime sta negoziando con la Russia l’acquisto dell’ultima generazione di un sistema anti-missile al fine di fronteggiare gli attacchi israeliani e le minacce degli Stati Uniti.

“E’ naturale voler avere questo sistema perché Israele, dalla sua creazione nel 1948, commette aggressioni contro i paesi arabi”, ha detto il rais di Damasco in un’intervista rilasciata oggi al canale venezuelano Telesur, come riferisce l’agenzia di stampa ufficiale Sana.

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Nel mese di gennaio, il regime siriano ha accusato Israele di aver bombardato Mazzé, un aeroporto militare alla periferia occidentale della capitale, che ospita servizi di intelligence delle forze aeree siriane.

Anche oggi, il regime di Damasco ha accusato lo Stato ebraico di aver sparato missili contro una postazione militare vicino all’aeroporto internazionale di Damasco.

Lo Stato ebraico, che conferma raramente i frequenti attacchi in territorio siriano dall’inizio della guerra civile nel 2011, ha fatto capire che poteva essere l’autore. “E’ naturale che stiamo negoziando ora con i russi per rafforzare questi sistemi, sia per affrontare le minacce israeliane dall’aria che dai missili americani”, ha aggiunto, riferendosi all’attacco americano contro la base militare di al-Chaayrate nella Siria centrale. Il 7 aprile, 59 missili da crociera Tomahawk sono stati lanciati da due navi statunitensi nel Mediterraneo sulla base di al-Chaayrate dove, secondo il Pentagono, erano decollati tre giorni prima i jet del presunto attacco chimico contro un zona controllata dai ribelli.

Il capo di Stato siriano ha anche sottolineato che a nessuno dei Paesi che hanno sostenuto l’opposizione sarà permesso di partecipare alla ricostruzione della Siria: “Mai, nessun paese che si è messo contro il popolo siriano e ha preso parte alla distruzione e del sabotaggio (della Siria) parteciperà alla ricostruzione della Siria. Si tratta di una decisione definitiva,”, ha detto.

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L’ammontare della ricostruzione della Siria è stimata in 300 miliardi di dollari, secondo le organizzazioni internazionali.

Da Washington è arrivato stamani l’annuncio che il presidente Donald Tump ha dato al Pentagono l’autorità per determinare il numero di truppe Usa necessarie in Iraq e in Siria nell’ambito della lotta contro l’Isis, ripristinando così un meccanismo che era in vigore prima delle amministrazioni Bush e Obama.

Dal dipartimento alla difesa hanno però chiarito che la decisione di Trump non significa che il numero di truppe Usa in Iraq e Siria aumenterà. Attualmente, ci sono circa seimila soldati americani autorizzati a stare in Iraq e quasi mille in Siria.

Da Londra, il ministro degli esteri britannico Boris Johnson ha intanto affermato che se gli Usa chiedessero alla Gran Bretagna di sostenere raid aerei in Siria “sarebbe difficile dire di no”, nonostante il voto contrario dato a suo tempo esplicitamente dalla Camera dei Comuni.

“Se si rivolgessero a noi per chiederci sostegno, per esempio con il lancio di missili da un sottomarino nel Mediterraneo, dal mio punto di vista, e so che si tratta anche del punto di vista del primo ministro, sarebbe difficile dire no”, ha detto Johnson.

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Sull’attacco compiuto stamani poco prima dell’alba nei pressi dell’aeroporto di Damasco lo Stato maggiore siriano non ha dubbi: è stato “un attacco missilistico sferrato dal nemico” (Israele) dalle Alture del Golan contro una base militare nei pressi dell’aeroporto di Damasco.

L’attacco ha “causato danni materiali”, si legge nel comunicato diffuso dall’agenzia Sana. Nessuna fonte governativa o delle opposizioni siriane è stata finora in grado di verificare l’eventuale numero di vittime del bombardamento, ma testimoni oculari – citati dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani – hanno riferito di boati di esplosioni e di un incendio propagatosi nella zona dello scalo.

Già in precedenza vi erano stati attacchi attribuiti a Israele contro istallazioni militari nella Siria centrale e a ridosso del confine con il Libano, in zone dove è documentata la presenza delle milizie libanesi Hezbollah.

Dal canto suo, il ministro per l’intelligence Israel Katz, pur non confermando apertamente una responsabilità di Israele nell’accaduto, ha dichiarato che l’episodio “coincide interamente con la nostra politica” che “prevede interventi per impedire il trasferimento di armi sofisticate dalla Siria agli Hezbollah in Libano con l’aiuto dell’Iran”. In questo quadro, l’esercito israeliano ha affermato in serata di aver abbattuto con un missile Patriot un obiettivo non identificato in volo sopra la zona del Golan controllata da Israele

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