Lei si chiama Cristina: aveva tre anni quando fu rapita dai terroristi dell’Isis e oggi – sperando che sia ancora viva- ne avrebbe sei. Nei campi degli sfollati dell’area di Mosul in questi mesi c’è una donna cristiana disperata che gira incessantemente con il ritratto di Cristina, chiedendo se qualcuno l’avesse vista o riconosciuta.
Tra le tante storie di persecuzione dell’Isis c’è anche la violenza subita da una famiglia cristiana alla quale i jihaidisti hanno voluto strappare la figlia, proprio perché “infedeli”.
“Quando quelli dell’Isis sono arrivati- ha detto la madre di Cristina- noi non siamo potuti scappare perché mio marito era cieco e malato. Ho fatto fuggire i miei figli più grandi e sono rimasta accanto a mio marito tenendo la mia piccola Cristina, pensando che a una creatura così piccola non avrebbero fatto del male. Quando sono arrivati i fanatici islamisti ci hanno detto che avevamo tre scelte: o convertirci all’Islam, o pagare la jizya (la tassa dovuta dai non musulmani) o andare via dalla città. A quel punto abbiamo deciso d andarcene ma mentre uscivamo dalla città quelli dell’Isis sono arrivati mi hanno tolto la figlia e mi hanno detto che se fossi tornata in città per cercarla mi avrebbero tagliato la testa”.
Da all’ora è cominciato il dramma di questa donna e il suo disperato tentativo di trovare la figlia perduta anche cercando, da sola e senza alcun sostegno economico, di trovare un canale per poter pagare un riscatto e farsela ridare. Tante promesse, forse più di qualcuna falsa, e la piccola Cristina non è mai tornata.
Ora la madre, mentre l’Isis è in rotta sta chiedendo a tutti notizie della figlia dopo essersi fatta stampare una foto gigante: “Ogni giorno prego per ritrovarla e prego il Signore di poter riunire la famiglia”. Nel frattempo continua il suo triste pellegrinaggio percorrendo a piedi ogni giorno chilometri e chilometri alla ricerca di Cristina, rapita perché figlia di una famiglia cristiana.