A Raqqa per vendicarsi e combattere l'Isis: storia di Heza, ex schiava sessuale yazida
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A Raqqa per vendicarsi e combattere l'Isis: storia di Heza, ex schiava sessuale yazida

La ragazza yazida irachena, abusata dagli jihadisti dopo essere fuggita dall'orrore, si è unita alle forze combattenti di Sinjar: lo faccio anche per le altre donne

La guerra di Heza contro gli orrori degli jihadisti
La guerra di Heza contro gli orrori degli jihadisti
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Stefania De Michele Modifica articolo

19 Luglio 2017 - 13.49


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Vendette giuste non ne esistono, scriveva Miguel de Cervantes, ma forse si sbagliava. La storia di Heza, ragazza yazida irachena venduta come “schiava del sesso” dagli jihadisti dello Stato Islamico (Isis) a Raqqa, è di quelle che grida vendetta al cospetto di Dio, Allah, Jahvè e del dio degli uomini tutti. Per 10 mesi nelle mani dell’Isis, Heza ha subìto abusi e violenze che non vuole ricordare. In più di un’occasione il suicidio le è sembrato l’unica via di fuga da quel corpo umiliato, violentato, vilipeso. In 5 si sono comprati il suo involucro e se la sono passata di mano in mano. Sino a che, nel maggio del 2015, Heza è riuscita a fuggire dalla casa in cui era tenuta, trovando una famiglia curda siriana che stava cercando di fuggire a sua volta alla città. Ha percorso circa 400 chilometri in Siria prima di raggiungere l’Iraq, dove si è unita alle Unità delle donne di Sinjar (YPS), una componente della Sdf con la quale ha seguito un addestramento militare intensivo.

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Se Dumas fosse vivo, avrebbe dedicato a Heza – che in lingua curda significa ‘forza’ – un sequel declinato al femminile del Conte di Montecristo: delitto e castigo anche nella terra degli uomini che vaneggiano di dio e stuprano le sue creature.

Heza e due sue sorelle erano tra le migliaia di ragazze e donne della minoranza yazida prese in ostaggio dall’Isis nel 2014, dopo l’occupazione della loro regione di Sinjar nel nord-ovest dell’Iraq. Ragazze che sono state vendute e passate di mano nelle regioni conquistate dal ‘Califfato’, in Siria e nel vicino Iraq. Circa 3.000 di loro sono ancora in mano ai terroristi. “Al tempo del genocidio contro i yazidi, Daesh ha rapito le ragazze e le donne. Io ero una di queste”, ha raccontato Heza, che ora è tornata e vuole combattere per vendicare – dice – le migliaia di giovani donne che hanno sperimentato gli stessi suoi orrori.
In uniforme militare, il capo coperto con una sciarpa ricamata con fiori verdi, la combattente ha rivissuto l’incubo di tre anni fa: “Prendere le armi mi ha aiutato a dimenticare alcune preoccupazioni”, ha detto, circondata da altre combattenti della sua minoranza curda, in una casa abbandonata in Mechleb. “Ma il mio cuore rimarrà pieno di sentimento di vendetta finché non saranno tutti liberati”, ha aggiunto la ragazza  riferendosi alle altre donne ancora in mano ai jihadisti. Al suo ritorno, lo scorso giugno, per la prima volta nella città dei suoi incub,i Heza dice di aver avuto “una sensazione strana, indescrivibile. Nonostante il mio grande dolore, ho sentito gioia. Abbiamo sofferto le peggiori forme di ingiustizia. La nostra vendetta sarà dello stesso calibro”.

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