Sabato scorso lo gridavano ad alta voce per le vie di Istabul, le donne che Erdogan vuole far ripiombare nel medioevo: “Kiyafetime Karisma”. In turco significa “Non ti impicciare dei miei vestiti”. Lo slogan veniva scandito con rabbia per protestare contro i recenti episodi di vessazioni e violenze subite per via del loro abbigliamento “troppo all’Occidentale”.
Oltre ai cartelloni le manifestanti hanno esposto anche pantaloncini, per attirare l’attenzione su uno degli indumenti negli ultimi mesi ha portato all’aggressione di diverse giovani.
Tra queste Melisa Saglam, assalita lo scorso giugno su un pullman da un uomo, che l’ha colpita sotto lo sguardo impassibile del conducente, perchè la ragazza aveva addosso dei short nel sacro mese del Ramadan.
Oppure Aysegul Terzi, chiamata “diavolo” da un uomo che – sempre su un autobus pubblico – ha dato alla donna un calcio sul viso.
Alla manifestazione, dove hanno partecipato anche ragazze con il velo e membri della comunità Lgbti, la marcia è proseguita con canti e slogan: “non obbediremo e non verremo messe e a tacere, vinceremo con la resistenza” e cartelloni con le scritte: “Nessuno può impicciarsi dell’abbigliamento degli altri” e “non ti impicciare nè dei miei pantaloncini e nè del mio velo”.
Ma la stessa sera si è verificato un nuovo episodio nel distretto alto-borghese di Maçka, dove una guardia giurata ha tentato di cacciare Cagla Kose fuori dal parco del quartiere “perchè era vestita indecentemente”. Il giorno dopo le donne hanno organizzato un sit in e una dichiarazione stampa, mentre Kose ha affermato che avrebbe denunciato la guardia.
I movimenti delle donne contestano da tempo le politiche conservatrici-islamiste del governo del Partito della giustizia e dello sviluppo al governo, denunciandone gli effetti. “Tutte le misure volte a limitare il modo in cui ci vestiamo e ci comportiamo ci torna indietro in forma di violenza e omicidi. La retorica e le pratiche rivolte al nostro modo di vivere devono cessare immediatamente”, viene affermato nel comunicato stampa della manifestazione di Istanbul, che verrà replicata il prossimo 3 agosto a Izmir e il 5 agosto nella capitale Ankara.
Ancora nel 2017 dobbiamo prendere esempio da queste donne che lottano per diritti che davano per acquisiti e scontati. E invece c’è sempre un Erdogan pronto a farci fare 100 passi indietro, magari partendo proprio dai vestiti.