Sulle migrazioni l'Africa cerca di avere una voce sola
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Sulle migrazioni l'Africa cerca di avere una voce sola

Il continente, al di là di ciò che si possa pensare, non assiste in silenzio e nell'immobilità al depauperarsi delle proprie risorse umane

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Diego Minuti Modifica articolo

31 Luglio 2017 - 10.40


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L’Africa, inesauribile serbatoio di disperati che cercano riscatto abbandonando i loro Paesi e spesso rischiando la vita, non si vuole rinchiudere in sé stessa, blindandosi in politiche miopi secondo le quali chi va via in fondo è solo un problema in meno. Il continente, al di là di ciò che si possa pensare, non assiste in silenzio e nell’immobilità al depauperarsi delle proprie risorse umane, pur se è ben consapevole che si tratta di un fenomeno che attraversa Paesi e culture diverse e spesso antitetiche.

Oggi certamente non esiste una unica ricetta che possa adattarsi alle diverse situazioni, ma il fatto che il problema venga visto in un’ottica transnazionale, anzi continentale, è un preciso segnale al quale l’Europa dovrebbe porre attenzione. Dovrebbe farlo in tempi brevi e non perdersi, invece, nella ricerca di soluzioni assolutamente non realizzabili o cavalcate sull’onda di singoli episodi che, seppure eclatanti, non possono essere presi ad esempio per giudicare, con il medesimo metro negativo, tutti i migranti. Uno dei Paesi che si sta adoperando per coagulare, intorno ad una visione comune, gli sforzi di chi guarda con preoccupazione al fenomeno delle migrazioni è il Marocco. Il Regno, per paradossale che possa apparire, lo fa in una doppia veste. Perché è tradizionalmente Paese da cui in tanti partono o tentano di farlo per cercare nuove opportunità per il loro futuro; perché un Paese di destinazione o transito di decine di migliaia di disperati che fuggono dalle regioni dell’Africa subsahariana, devastate dalla siccità e dalle carestie e insanguinate dalle guerre. Al di là delle indicazioni che sono state poste all’attenzione dei 29 capi di Stato e di governo che hanno partecipato al vertice dell’Unione africana, il documento proposto dal Marocco contiene una apparentemente scontata, quanto significativa presa d’atto. Quella secondo cui le migrazioni riguardano l’intero continente e quindi una risposta deve essere adottata in spirito di collaborazione, abbandonando ogni preconcetto e la presunzione di potere risolvere il problema con politiche autonome rispetto a quelle dei Paesi vicini. E’ forse la prima volta che, a livello di summit africano, si cerca di portare la discussione su questo tema abbandonando schemi stereotipati (se la gente vuole andare via non possiamo farci nulla) e soluzioni avulse dalla realtà (basta respingerli alla frontiera ed il più è fatto).

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Il documento marocchino, che porta la firma del principe Moulay Rachid, forse il fratello preferito di Mohammed VI, solida preparazione accademica e diplomatico per formazione, si articola su più punti, con considerazioni e proposte che cercano di ribaltare la prospettiva tenuta sino ad oggi e che, lo evidenziano i fatti, non ha portato risultati positivi. Il primo assunto, a metà tra una presa d’atto ed uno scenario possibile, sottolinea come ciascun Paese ha la titolarità delle azioni di contrasto contro l’immigrazione clandestina ed il traffico di esseri umani, ma deve anche, e questa è una novità, ”creare le condizioni politiche per l’integrazione degli immigrati, garantendo nel contempo la tutela dei loro diritti”. Resta indiscutibile, si legge ancora nel documento, che ciascuna soluzione deve essere adottata nell’ambito di un’ottica sub-regionale, ”senza la quale le politiche nazionali di gestione della migrazione saranno vani”. E’ quindi necessario creare, in una prospettiva continentale, ”una politica comune in materia di migrazione”.

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Il fenomeno, si afferma ancora nel documento marocchino, è ”di manodopera prevalentemente intra-africano”, anche perché ” tutti i Paesi del continente sono diventati di emigrazione, di transito e di installazione, ma su scala diversa”. La chiusa della proposta avanzata dal Regno del Marocco è significativa perché cerca di porre le basi per una strategia comune ed integrata tra i Paesi interessati. ”E’ essenziale – si legge – che il continente parli con una sola voce nelle sedi internazionali e che sviluppi un approccio globale e coordinato dei vari processi negoziali che si legano le altre parti interessate sulle questioni migratorie”. Tradotto dal linguaggio della diplomazia a quello di tutti i giorni, l’Africa deve prendere coscienza della portata continentale del problema e che se vuole realmente risolverlo deve dialogare, con una sola prospettiva, con l’Europa, oggi la più esposta agli effetti negativi della migrazione economica.

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