America, 15 stati contro Trump. I Dreamers svegliano la Casa Bianca
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America, 15 stati contro Trump. I Dreamers svegliano la Casa Bianca

Parte la sfida legale. Anche la conferenza episcopale statunitense accusa il miliardario: mostra una visione ristretta del futuro

Proteste sull'abolizione del Daca, ossia del progetto dreamer
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6 Settembre 2017 - 09.15


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Il caso Dreamers si allarga, esplode. Al momento sono 15 stati e Washington DC a lanciare la sfida legale all’amministrazione Trump contro la revoca del programma di protezione per i Dreamers, i giovani arrivati negli Stati Uniti da bambini con genitori illegali, riferisce l’Associated Press. E non basta.In campo anche la conferenza episcopale.  “Una decisione inaccettabile e riprovevole, un passo indietro nel progresso del Paese, un`azione che mostra assenza di misericordia e una visione ristretta del futuro”: è una condanna durissima quella espressa dai vescovi statunitensi a seguito della cancellazione del Daca, il programma di protezione per i minori arrivati negli Stati Uniti senza uno status giuridico legalmente riconosciuto.
Come ricorda l’agenzia Sir, martedì 4 settembre il presidente Donald Trump ha affidato al ministro della giustizia Jeff Sessions l`annuncio dell’abrogazione del provvedimento, che consentiva ai cosidetti “Dreamers”, i giovani arrivati negli Usa come minori dal giugno 2007 e che al 2012 non avessero compiuto 31 anni, di usufruire di un permesso biennale rinnovabile per motivi di studio o di lavoro.
Il Dipartimento per la sicurezza nazionale si impegnava, inoltre, a non deportare i giovani autorizzati, a meno che non commettessero delitti. Ora il Congresso avrà sei mesi di tempo per definire una nuova legislazione che eviti il rimpatrio di circa 780mila tra studenti e lavoratori.
La Chiesa Usa ha dichiarato la sua disponibilità a supportare i giovani colpiti dalla decisione presidenziale “qualunque sia il loro stato di immigrazione” e ha voluto precisare, contro le false notizie in circolazione, che i beneficiari del programma non hanno ricevuto aiuti governativi o status giuridici particolari ma semplicemente sono stati autorizzati temporaneamente a lavorare e studiare negli Usa, rinunciando in tal modo alla deportazione.
La dichiarazione congiunta firmata dal presidente della Conferenza episcopale DiNardo, dall`arcivescovo di Los Angeles, Gomez, dal presidente della Commissione delle migrazioni Vásquez e da mons. Tyson, presidente della sottocommissione per la cura pastorale dei migranti, non fa sconti alle scelte politiche delle ultime ore e precisa che “la cancellazione del programma è indebita, provoca paure inutili nei giovani e nelle famiglie” e non riconosce il contributo alla società statunitense dato da questi ragazzi che” continuano a lavorare e a servire il Paese anche attraverso il servizio militare”.
I presuli concludono spiegando che la “decisione non riflette chi siamo come americani” e che “la nostra nazione ha agito in modo contrario alla Scrittura soprattutto nel passo che chiede di accogliere i bambini nel nome di Gesù”. L`auspicio dei vescovi è che il Congresso agisca con immediatezza verso una soluzione legislativa che impedisca di fatto il rimpatrio di migliaia di giovani “che sono intrecciati al tessuto della nostra Chiesa e della nostra società e che dal punto di vista sociale e umano, sono giovani americani”.

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