Sono ormai molte migliaia, forse quarantamila, e non sono quindi più una moda, ma un fenomeno di cui stanno occupando le autorità di due Stati. Sono infatti sempre più frequenti i casi di donne vietnamite che vanno in Corea del Sud per sposare soprattutto agricoltori in quelli che dalle nostre parti venivano chiamati ‘matrimoni combinati’.
Il perchè è facile da spiegare: le campagne sudcoreane stanno assistendo ad un importante processo demografico, con un netto calo della popolazione femminile perchè le donne, se non sono legate al territorio per motivi familiari, preferisconono spostarsi verso le città, nella speranza di più e migliori occasioni di lavoro. E questo comporta che, detto brutalmente, in vaste aree rurali il numero degl uomini è nettamente superiore a quello delle donne in età da matrimonio (ovviamente, in base ai parametri culturali del luogo). Per questo sono sempre di più le donne vietnamite che accettano di trasferirisi in Corea del Sud, per sposarsi, spesso dopo avere conosciuto il futuro marito prima per fotografia, poi per mail (usando i traduttori della rete per superare la barriera della lingua). Questo della lingua è un problema difficile da risolvere perchè, quando arrivano in Corea del Sud, le donne vietnamite devono imparare la lingua in fretta, pena l’esclusione dalla comunità, che sovente coincide, come nucleo principale, con la famiglia dello sposo.
Gli agricoltori sudcoreani non stanno alla base della scala economica del Paese perchè vivono bene con il frutto del loro lavoro. E per prepararsi al matrimonio, sono abituati a risparmiare il denaro da investire nell’acquisto della futura casa, che, solitamente, attrezzano con elettrodomestici di ultima generazione. Che per le novelle spose sono un salto soprendente nella qualità della vita. Ma non sempre i sogni si avverano e molte delle donne arrivate inseguendo la felicità si ritrovano a doversi confrontare con una cultura che è totalmente diversa dalla loro e questo, nel tempo, logora il rapporto, facendo sì che quel matrimonio si trasformi in un salto nel buia, come dicono ormai apertamente in molti, a cominciare dagli esperti dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni. Ma questo non ferma l’opera delle agenzie che, illegalmente, in Vietnam fanno da sensali, ingolosendo le donne con la prospettiva di una vita da ricchi e tacendo le difficoltà che quasi sempre si abbattono su di loro.
Huynh Thi Thai Moi è arrivata da quasi un anno ed è felice perché, dice, speravo che mio marito mi avrebbe voluto bene ed è quanto è accaduto. Huynh è sino ad oggi più fortunata di una sua connazionale, Nguien Thi Kim Han , che, andata in Corea del Sud e sposatasi con un agiato agricoltore, dopo qualche anno non ce l’ha fatta più ed è tornata a casa. In Vietnam il difficile, spiega, non è stato farsi riaccettare, ma porre attenzione al reinserimento delle mie figlie che hanno pochi anni e non devono pagare loro gli errori di noi genitori.