I B52, i bombardieri dell'Apocalisse. Così l'America controlla i cieli del mondo
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I B52, i bombardieri dell'Apocalisse. Così l'America controlla i cieli del mondo

La decisione di Trump rispetto alla Corea del Nord riporta indietro l'orologio della storia: dal muro di Berlino, alla crisi dei missili a Cuba. Vi raccontiamo come funziona lo Strategic Air Command Usa

In volo a bordo dei B52
In volo a bordo dei B52
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Enzo Verrengia Modifica articolo

25 Ottobre 2017 - 17.31


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Donald Trump riporta indietro il mondo di 26 anni, a domenica 29 settembre 1991, quando cessò l’ordine permanente di preallarme nucleare per i bombardieri dell’apocalisse. Un soprannome appropriato per i Boeing B-52 Stratofortress, che in precedenza erano stati tenuti in volo anche 24 ore su 24 con i loro carichi di bombe atomiche pronte a cadere in territorio sovietico. L’ordine di cessazione dello stato “normale” di preparazione al decollo dato dal Presidente Bush padre aveva posto fine a quella che era divenuta una misura precauzionale in vigore dall’ottobre del ‘62, quando la crisi dei missili a Cuba portò il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale. Solo un anno prima, il pericolo si era ripetuto con il muro di Berlino. Due momenti segnati dalla presenza ai vertici delle maggiori potenze mondiali di Kennedy e Kruscev.
Le missioni a rischio apocalittico erano cominciate il 1º ottobre 1957, all’incirca quando entrarono in servizio presso il Sac, lo Strategic Air Command degli Stati Uniti. Per 34 anni, avrebbero pattugliato i cieli dell’occidente, riprova del motto latino: «Si vis pacem, para bellum.» Che, più o meno, coincide con quello adottato dal SAC il 25 gennaio 1990: «La guerra è il nostro mestiere, la pace il nostro prodotto.»
In realtà, il compito dei B-52 è stato più complesso di quello mostrato dalla letteratura e dal cinema di fantapolitica. Soprattutto ques’ultimo ha cavalcato come sempre l’isteria di massa, ostacolando più che favorendo la diffusione di una conoscenza dei meccanismi della difesa in una società aperta come quella occidentale, dove spesso le spie dell’est hanno acquisito informazioni limitandosi a leggere le pubblicazioni specializzate. Il prevalere dell’emotività ha influenzato perfino la politica litigiosa all’interno della NATO, con conseguenze ritardanti sul processo di pacificazione internazionale. Film come Il dottor Stranamore, Stato di allarme, A prova di errore, The Day After, Wargames e Allarme Rosso, presentavano gli apparati militari delle grandi potenze legati da schiavitù all’opzione nucleare come chiave di volta dello scontro bellico. Ed ai B-52 spettava il terribile ruolo di ambasciatori di morte. Invece si trattava di bombardieri strategici impiegati nell’ambito di una dottrina della deterrenza che viene da lontano. Per comprenderla, bisogna fare un salto indietro di due guerre mondiali.
Sulla costa meridionale dell’Inghilterra, dieci chilometri a sud-ovest di Dover e delle sue bianche scogliere, si trova Folkestone. È un antico centro portuale che fino agli inizi del secolo conservava intatta la grazia vittoriana di un’illustrazione di Phiz e l’allegria di un’operetta di Gilbert e Sullivan. Fra l’altro, vi nacque fra l’altro il dottor William Harvey, che nel 1628 descrisse per la prima volta la meccanica della circolazione sanguigna. Ma questo primato della scienza il 25 maggio 1917 fu oscurato da quello della guerra. Una ventina di bombardieri tedeschi Gotha si liberarono del loro carico esplosivo, provocando 95 morti e 195 feriti. Il loro obbiettivo iniziale era Londra, ma un’insuperabile cortina di nuvole dalle parti di Gravesend li aveva costretti a cercare un altro bersaglio. Il carburante non consentiva di restare a lungo in volo e l’alternativa più vicina era Folkestone, che Richard Rhodes in L’invenzione delle bomba atomica chiamò la piccola Guernica della Grande Guerra.
Se la pietà della Storia si esercita anche con una definizione, è anche vero che spesso le dottrine militari nascono dai massacri. Folkestone aveva insegnato che il bombardamento strategico pagava, indipendentemente dall’importanza del bersaglio. Era l’effetto devastante sulla morale della nazione nemica che faceva numero ai fini della crudele contabilità bellica. E da Folkestone a Baghdad, passando per il blitz di Londra, Dresda, Hiroshima, Nagasaki e il Vietnam, non vi furono più variazioni. Portare l’attacco dall’aria in territorio nemico fu una delle necessità spaventose ma elementari della guerra. Alla quale si dovevano adeguare anche le macchine. L’ironia volle che proprio i tedeschi non imparassero la loro stessa lezione. Infatti durante la seconda guerra mondiale, il tronfio Göring, ammalato di protagonismo, volle privilegiare lo sviluppo dei caccia d’attacco, che secondo il Feldmaresciallo consentivano una migliore espressione dell’iniziativa individuale nell’impiego dell’aeronautica. Così la Lüftwaffe non ebbe mai bombardieri in grado di competere con quelli alleati.
Gli americani cominciarono con i Liberators e giunsero ai B-52, con propulsione a getto. Il prototipo fu pronto il 29 novembre 1951. I voli del primo esemplare di serie cominciarono il 5 agosto 1954. Capace di sfiorare la velocità del suono, operava a una quota di 15 mila metri, da qui l’appellativo di Stratofortress: fortezza volante stratosferica. L’aereo era praticamente irraggiungibile dalla contraerea dell’epoca. Perciò in una prima fase venne utilizzato come ricognitore strategico. Il B-52 si ritrovò in veste di bombardiere il 27 novembre 1957. Fu subito una leggenda e passò per tutta una serie di soprannomi inventati dai piloti, che oltre a rifletterne gli umori, rispecchiavano l’andamento degli affari geopolitici. All’inizio lo chiamarono «duomo cromato», massicio e splendente come una cattedrale del cielo. Poi Big, Ugly e Fat Feller, cioè tipaccio grosso, brutto e grasso, il tutto nella sigla BUFF, che significa anche fanatico.
La dottrina del bombardamento strategico si ritrova in ogni caratteristica del B-52. Innanzitutto nelle sue dimensioni: 56,39 m di apertura alare per 48,03 m di lunghezza e 12, 39 m di altezza. Quindi nel suo raggio di azione di 8.352 Km, con un’autonomia di 16.280. Sono dati del B-52H, uno degli ultimi modelli, che tuttavia non si discostano granché da quelli del prototipo.
Dagli anni ‘50 all’inizio degli anni ‘80, il bombardiere ha trasportato nel suo ventre differenti dispositivi di distruzione. Dalle bombe convenzionali, ai missili Cruise. Ma la pericolosa costante sono le testate nucleari. I B-52 in volo di preallarme nucleare avevano a bordo otto bombe atomiche a caduta libera del tipo B28 o B43. La loro presenza era il tratto distintivo della guerra fredda, mantenutosi fino al 29 settembre di quest’anno. Tutt’ora, questi bombardieri sono in servizio in 14 wings, squadroni di volo del SAC.
Prima di quella data, era attivo il SIOP-6G: Single Integrated Operations Plan istituito dall’amministrazione Bush nel 1989 nell’ipotesi di un conflitto con quello che era ancora il Patto di Varsavia. Protagonisti, appunto, i B-52. E qui si rende necessario un agghiacciante «come eravamo» di una terza guerra mondiale per fortuna mai combattuta.
In caso di crisi irreversibile con l’Urss, nelle basi dei B-52 sarebbe risuonato un clacson ed avrebbe lampeggiato la scritta gialla Sac Alert. Gli equipaggi avrebbero raggiunto gli aerei per il Mito (Minimum Interval Take-Off: decollo con intervallo minimo), presto riforniti di carburante in volo dalle aerocisterne Kc-135R. Intanto dalla base di Offutt presso Omaha, Nebraska, quartier generale del Sac, sarebbe decollato un EC-135C con a bordo il Comandante in Capo pronto ad aprire le buste con le istruzioni di guerra. Da quel momento in poi, la fantapolitica si limitava a presentare un fungo atomico all’orizzonte che avrebbe concluso la guerra e la storia dell’umanità. Mentre il più delle volte si trattava solo della conclusione rabberciata di un film.
Le missioni dei B-52 infatti avevano due scopi principali: la distruzione delle basi militari e quella dei centri di comando e comunicazione del nemico.
La dottrina del bombardamento strategico ha finito per includere anche l’opzione nucleare. Ma in funzione soprattutto di deterrente. Ed anche in questo caso i fatti hanno dato ragione. Per paradossale che possa sembrare, ormai tutti sanno che la terza guerra mondiale non c’è stata proprio per l’arsenale di cui disponevano le grandi potenze. Nessuno dei due contendenti era disposto a giocare una partita senza vincitori.
Ma oggi?

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