Torneranno a casa dopo 170 anni i crani dei combattenti algerini esposti in Francia
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Torneranno a casa dopo 170 anni i crani dei combattenti algerini esposti in Francia

Lo ha deciso il presidente Macron, in questi giorni in visita ad Algeri. La restituzione reclamata da storici, intellettuali, uomini politici

I crani dei combattenti algerini nel Museo dell'Uomo di Parigi
I crani dei combattenti algerini nel Museo dell'Uomo di Parigi
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Diego Minuti Modifica articolo

7 Dicembre 2017 - 13.09


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Mohamed Lamjad Ben Abdelmalek, Sheikh Bouziane Moussa El Derkaoui e Si Mokhtar Ben Kouider al Tritauoi. Tre nomi, due diversi significati. Per gli algerini sono quelli di combattenti che persero la vita, alla fine del 19/mo secolo, contro l’esercito coloniale di Parigi. Per i francesi sono soltanto quelli apposti su una targhetta alla base di crani esposti nel Museo dell’Uomo di Parigi.
Sono i paradossi della Storia scritta da chi ha vinto e che ha relegato quelli che per un popolo sono degli eroi al rango di semplici reperti, sui quali magari per decenni si sono esercitati studenti che si cimentavano nell’antropologia o nell’anatomopatologia. Dei resti di cui gli algerini hanno reclamato la restituzione per decenni alla Francia, che solo oggi, in occasione della visita di Emmanuel Macron ad Algeri, ha risposto positivamente.
La vicenda dei crani dei combattenti algerini ricorda quella di casa nostra che riguarda quel che resta (il cranio, appunto) del brigante – o presunto tale, su questi gli storici non trovano unanimità – calabrese Giuseppe Villella, morto in carcere. Il cranio ancora oggi è esposto, dopo una lunga battaglia nelle aule di giustizia, nel museo di Torino. Così come il Comune natio di Villella (Motta Santa Lucia) ne richiedeva la restituzione, lo stesso hanno fatto molti intellettuali algerini che reclamavano che i resti dei combattenti tornassero a casa ed avesserp una sepoltura degna di loro, magari nel famedio del cimitero di Algeri.
Nel museo parigino sono esposti 36 crani di combattenti della resistenza algerina, anche se ora il loro presunto valore scientifico non sembra interessare più a nessuno. Dopo anni di colpevole dimenticanza, il caso è riesploso nel maggio dello scorso anno quando lo scrittore ed attivista algerino, Brahim Senouci, che vive in Francia, ha lanciato una petizione con cui si chiedeva allo Stato francese di “rimpatriare in Algeria i teschi degli insorti dello Zahatcha massacrati nel 1849″ al fine di dare loro ”una sepoltura dignitosa!”. Una istanza che, così pare, nessuno aveva raccolto, almeno sino ad oggi.
“La dignità umana è sacra e deve essere rispettata anche per i morti, e non vi è alcuna giustificazione, moralmente o ideologicamente, che queste ossa siano lasciate nella presente situazione deplorevole”, aveva Tayeb Zitouni, ministro dei mujaheddin (come sono chiamati i combattenti per l’Indipendenza algerina).

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