E’ l’8 giugno del 1972. Nick Ut, fotografo, è sulla strada che dal villaggio di Trang Pang porta a Saigon. Macchina fotografica a tracolla, vede avanzare un gruppo di bambini, di corsa, in fuga, piangenti e urlanti. Quando il gruppo gli si avvicina, Nick Ut scatta una foto che saprà dire al mondo cosa stava succedendo in Vietnam. La foto gli sarebbe valsa il Pulitzer. Al centro della foto, con il corpo nudo e devastato dal napalm sganciato dagli aerei american, Kim Phuk, 9 anni. Sopravvisse, ora vive in Canada ed è ambasciatrice Unesco. Quella foto scosse gli stomaci, e non solo, del mondo, e valse più di mille manifestazioni pacifiste, di cento gesti di rivolta, come quello di Cassius Clay, o quello estremo di Norman Morris, che si diede fuoco davanti al Pentagono. Quel che era successo a Kim Phuk e a tanti altri ragazzi, a uomini e donne, ce lo avrebbe fatto capire, ricostruendo l’orrore, il bellissimo Apocalypse Now, il film di Francis Ford Coppola del 1979, con Marlon Brando.
Ricordo quella foto guardando le foto di oggi, coi bambini che non hanno il tempo di scappare. Così, in Siria, terra dimenticata, passata come pratica alle diplomazie delle grandi potenze che penseranno a ricostruirla. Dove ricostruzione fa rima con spartizione. Ebbene, come ci ha detto a Natale il nunzio apostolico di Damasco, alle porte della capitale siriana i bambini muoiono di fame, perchè gli scacchisti, chi gioca con le loro vite, non fa arrivare latte e farina. Amir era uno dei tanti bambini di Ghouta, alle porte di Damasco. Non ce l’ha fatta. E nella foto proposta da Globalist, con la mamma in lacrime, piccolo fagotto senza vita, ci regala una nuova versione della Pietà. Oggi, nei giornali e soprattutto nei telegiornali, con le scelte rese facili da carte pensate a garanzia dei minori e che in questi casi finiscono solo col censurare l’orrore e il crimine sui minori, la tendenza ( soprattutto di chi li dirige ) è quello di oscurare il volto, gli occhi dei bambini. In casi come quello di Ghouta in effetti oscurare volto e occhi non basterebbe, bisognerebbe censurare tutto il corpo ridotto pelle e ossa. Nel dubbio, si evita, si lasciano scivolare nel cestino le sequenze drammatiche di reportage come quello recente della Reuters. Metterle nel tg di mezzo rovinerebbe il pranzo, metterle in quello della sera guasterebbe l’aperitivo, metterle nei tg della notte rovinerebbe il sonno. Governare gli effetti del crimine continuato delle guerre, delle violenze programmate dall’ingiustizia e dall’oppressione, con le regole valide per la cronaca quando vittime da tutelare sono i minori, è un errore, è una ingiustizia. Un torto alle piccole vittime di grandi e collettive violenze, e alla verità. Il volto senza vita di Amir, da Damasco, le tante altre vittime delle guerre e delle repressioni, i morti che continua a fare l’Apocalisse del nostro tempo nel deserto e nel Mediterraneo, vanno tutti mostrati. Per prenderci un pugno nello stomaco, per smettere di pranzare e pensare, per respingere lo spritz, disgustati, per restare ad occhi aperti, la notte, al buio. Pensando a cosa non facciamo perchè l’orrore e gli orrori finiscano di falciare vite in erba.
La Pietà di Ghouta per riflettere su ciò che 'non' facciamo contro la guerra
I morti che continua a fare l'Apocalisse del nostro tempo nel deserto e nel Mediterraneo, vanno tutti mostrati. Per prenderci un pugno nello stomaco e avere coscienza di ciò che avviene
Onofrio Dispenza Modifica articolo
10 Gennaio 2018 - 15.36
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