Quando Vittorio Arrigoni diceva: caro Saviano scendi dal carrarmato
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Quando Vittorio Arrigoni diceva: caro Saviano scendi dal carrarmato

Pochi mesi prima di essere ucciso a Gaza da un gruppo di salafiti Vik fece un video per criticarfe le posizioni dello scrittore su Israele e Palestina

Vittorio Arrigoni
Vittorio Arrigoni
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15 Aprile 2018 - 10.27


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Vittorio Arrigoni fu barbaramente assassinato a Gaza governata da Hamas, da un gruppo salafita. Il capo del gruppo, il giordano Adbel Rahman Breizat, e il suo braccio destro Bilal Omari, furono uccisi in uno scontro a fuoco con al polizia, mentre gli altri tre, condannati per il rapimento e l’assassinio di Vik, stanno scontando la pena nel carcere di Gaza city.
Gli arrestati hanno raccontato che volevano solo dargli una “lezione”, punirlo per la sua frequentazione con ragazze islamiche, ma che sarebbero stati usati da Breizat il quale, invece, in cambio della liberazione di Vittorio avrebbe preteso la liberazione dello sceicco Maqdisi, teorico di Tawhid wal Jihad, incarcerato a Gaza. Resta il fatto che sul caso, sul perché Vittorio sia stato ucciso, non è mai stata fatta piena luce.
Attivista del Movimento di Solidarietà Internazionale (ISM nell’acronimo inglese), a Vittorio non piaceva la parola cooperante, il suo lavoro non era umanitario ma politico. Rifiutava anche parole come equidistanza e neutralità, è stato un combattente per la pace, per una pace con giustizia sociale. Fu assassinato in una casa abbandonata nella Striscia di Gaza, forse una di quelle che lui stesso contribuì ad evacuare durante i bombardamenti dell’esercito israeliano, in quella che fu definita operazione “Piombo fuso”, tra il 2008 e il 2009. Durante le tre settimane che durò l’operazione Vik restò sempre in prima linea a soccorrere i feriti, a consolare i familiari dei morti, a scattare foto, a raccontare la tragedia che si stava consumando contro la popolazione di palestinesi gazawi attraverso il suo blog Guerrilla Radio. Vittorio è stato lo straniero che più a lungo ha vissuto nella Striscia di Gaza, cercando di formare un gruppo stabile di attivisti che partecipassero alla resistenza non violenta dei palestinesi contro l’occupazione israeliana.
Nel 2003, dopo l’assassinio da parte dell’esercito israeliano di Rachel Corrie e Tom Hurndall, per motivi di sicurezza l’ISM decise di ritirare i suoi attivisti dalla zona. Vittorio all’epoca era impegnato in attività in Cisgiordania, non ha nessuna intenzione di andarsene ed inizia a lavorare alla formazione del nucleo originario del movimento “Free Gaza”, con l’obiettivo di rompere il blocco marittimo israeliano attraverso il passaggio di imbarcazioni che, partendo da Cipro cariche di giornalisti e attivisti, avrebbero raggiunto la costa della Striscia assediata. Nell’agosto del 2008 fece parte della traversata inaugurale della prima barca straniera che attraccava al porto di Gaza, era dal 1967, anno dell’inizio dell’occupazione israeliana, che non accadeva. Lì Vittorio e altri attivisti ISM cominciarono a stabilire contatti, a realizzare insieme ai palestinesi azioni di resistenza non violenta. Ogni giorno saliva sulle barche dei pescatori palestinesi per offrire loro la sua presenza e il suo passaporto come scudo umano, per evitare che le pattuglie israeliane sparassero, e quando ciò comunque avveniva Vittorio registrava tutto e lo raccontava al mondo.
Arrestato e torturato dall’esercito israeliano, Vik fu espulso e rimpatriato in Italia ma due settimane dopo riesce a tornare, via mare, a Gaza, dove ha continuato fino al suo ultimo giorno, attraverso il blog, pubblicazioni e videoregistrazioni, a denunciare la ferocia dell’occupazione israeliana e i diritti violati del popolo palestinese, con l’onestà di chi è disposto a perseguire fino in fondo i propri principi e le proprie convinzioni “restando umano”.
Vogliamo ricordare Vittorio Arrigoni attraverso la trascrizione di un suo videomessaggio (datato 10 ottobre 2010, sei mesi prima di essere ucciso) in risposta ad alcune affermazioni fatte dallo scrittore Roberto Saviano nel corso di una manifestazione pro-Israele. In quell’occasione l’autore di “Gomorra” definì Israele “terra di grande accoglienza e tolleranza”.

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«Caro Roberto Saviano, ti do del tu perché siamo più o meno coetanei. Mi sento il dovere di inviarti questo videomessaggio per compensare il dolore che ho subito nell’aver saputo del tuo appoggio, della tua partecipazione a questo scempio, a questa manifestazione organizzata dai coloni israeliani l’altra sera a Roma, come per festeggiare l’impunità di Israele dinnanzi a più di 60 anni di occupazione di colonizzazione e di pulizia etnica della Palestina. (.) L’accoglienza di Tel Aviv per me è un ricordo indelebile, caro Saviano, perché ne porto le cicatrici sulla carne, perché per il mio impegno per i diritti umani per due volte sono stato imprigionato nelle galere di Tel Aviv e per due volte mi hanno torturato, e i segni che ho sulla pelle sono i segni delle catene quando mi trascinava, in corridoi di dolore. Esattamente quello che è successo settimana scorsa al premio Nobel per la pace Mairead Maguire che ha assaggiato qual è l’accoglienza di Israele. L’hanno fermata a Tel Aviv, l’hanno arresta, l’hanno rinchiusa sei giorni in carcere e poi l’hanno deportata in Irlanda… l’accoglienza di Tel Aviv. (.) Se sei arabo, caro Roberto – e voglio ricordarti che le popolazioni arabe di Israele sono circa il 20%, oltre che è interessante sempre ricordare che in Israele verte questa strana situazione in cui gli extracomunitari legiferano e fanno leggi razziali contro la popolazione autoctona che, appunto, è rappresentata dal 20% di arabi -, ebbene se sei arabo a Tel Aviv non ci sono luci e non c’è assolutamente nessuna accoglienza, così come in tutto Israele che è uno stato di apartheid.
Caro Saviano, se avessi preso un po’ di tempo per te, in disparte dalle cerimonie di gala in tuo onore messe in piedi dai tuoi amici sionisti, fra i quali il criminale di guerra Simon Perez, e avessi camminato con le tue gambe per Tel Aviv, ti saresti probabilmente reso conto delle vere luci della città, che sono le sue ombre; ti saresti reso conto dei ghetti dove vivono segregati gli arabi israeliani, che sono gli stessi ghetti dove venivano segregati i neri durante il regime razzista dell’apartheid in Sud Africa; ti saresti accorto della differenza fra le scuole a cui hanno diritto di accesso gli ebrei e le scuole frequentate dagli arabi; ti saresti accorto degli ospedali che frequentano gli arabi, che danno assistenza sanitaria agli arabi, ti saresti accordo dei diritti quotidianamente calpestati dei cittadini arabi israeliani, non hanno diritto alla proprietà, e anche a Tel Aviv non possono decidere con chi sposarsi liberamente. Nelson Mandela dopotutto ripeteva che l’oppressione ai danni dei palestinesi da parte degli israeliani è molto peggio di quella che subivano loro, neri, da parte di una cerchia di bianchi razzisti.
Caro Saviano sto parlando di Nelson Mandela non di Fabio Fazio. Nelson Mandela sono anni che denuncia il razzismo di Israele contro gli arabi israeliani e contro le minoranze etniche. E se non avessi avuto il tempo di girare per le strade ti sarebbe bastato ascoltare un minuto di un cd di questo gruppo che si chiama Dam che racconta, appunto, la vita di segregazione e di apartheid nella tua amata Tel Aviv (..) Tu parli di accoglienza di Israele e proprio settimana scorsa il ministro degli esteri israeliano, Lieberman, in un discorso alle Nazioni Unite era tornato a parlare di transfer, del trasferimento forzato di un milione e mezzo di arabi israeliani fuori dai confini israeliani, esattamente quello che è successo del 1948. Quindi da una parte tu parli di accoglienza e dell’altra parte il ministro degli esteri parla di un’altra Nakba, di un’altra tragedia, di un altro olocausto palestinese. Ricordo che fra l’altro Lieberman, ministro degli esteri israeliano, è quello che ogni tanto viene fuori con delle uscite come quando ha dichiarato di voler lanciare una bomba atomica qui a Gaza per ripetere quello che gli Stati uniti hanno fatto a Hiroshima e Nagasaki… un bel biglietto da visita. (.)
Un’altra parte del tuo discorso che ha veramente gettato nello sdegno molte persone, è questo cercare di portare la questione mediorientale, l’occupazione, la pulizia etnica della Palestina a una questione meramente di omofobia. Certamente una piaga concreta e esecrabile di queste parti, ma io vorrei ricordarti, caro Saviano, che nel 1948 non é stato un attacco di omofobia che ha pulito etnicamente la Palestina: più di 800 mila persone sono state cacciate dalle loro terre, decine di migliaia sono state uccise. Vorrei ricordarti che qui a Gaza, l’anno scorso, 1500 vittime non sono state uccise da pazzi omofobi ma sono state massacrate dall’esercito israeliano, più di 350 erano bambini. Secondo il rapporto Goldston delle Nazioni Unite l’85% di queste vittime erano civili… il massacro della Freedom Flotilla… Queste parole non ti portano nulla alla mente? Potrei continuare all’infinito… 73 risoluzioni ONU trasgredite da Israele, queste cose non ti richiamano nulla alla mente, caro Saviano? Tu parli di omofobia come fosse veramente la piaga di questa regione, non parli di un popolo che è stato cacciato dalla loro terra. Ci sono milioni di profughi a tutt’oggi in giro per il mondo, una risoluzione Onu, la 194, dovrebbe permettere loro di tornare laddove in questo momento c’è Israele, dovrebbero tornare nelle loro case, questa è la legalità, è quello che dicono le leggi internazionali, caro Saviano. Oltre a questo vorrei ricordati le decine di migliaia di prigionieri politici, non prigionieri, prigionieri politici rinchiusi e torturati ogni giorno all’interno delle carceri israeliane, almeno secondo quanto denunciano Amnesty International, Human Rights Watch… fra questi prigionieri ci sono tantissimi bambini, centinaia di bambini che subiscono abusi di ogni tipo. Eppure per te queste cose non contano assolutamente nulla, Israele è uno stato democratico, luminoso ed accogliente.
Caro Saviano dovresti spiegarmi che differenza passa fra Busca che brucia un bambino nell’acido e il tuo amico Perez che i bambini nell’acido, per meglio dire nel fosforo bianco, ne ha bruciati più di 350 l’anno scorso. E no, la giustizia, i diritti umani non possono essere selettivi, caro Saviano, non puoi porti come baluardo della giustizia e della legalità a Scampia e nei d’intorni più degradati di Napoli e poi fottertene altamente dei crimini, dell’illegalità, dell’ingiustizia promossi da Israele o, molto peggio, fare come stai facendo adesso, vale a dire farti elemento di propaganda di questi crimini, di questa ingiustizia e di questa illegalità promossa dal tuo caro stato di Israele. (.) Tu citi la biografia di Perez come fosse la Bibbia, un uomo che ti assicuro, i posteri, indicheranno come criminale di guerra e responsabile di innumerevoli stragi. Io mi permetto di consigliarti il libro di un altro ebreo israeliano, Ilan Pappe “La pulizia etnica della Palestina”, un libro che racchiude in sé tutta la storia di Israele fino ai giorni d’oggi. Ilan Pappe non può più vivere in Israele perché Israele è veramente uno stato così accogliente che l’ha costretto a fuggire in esilio in Inghilterra.
Caro Saviano tu che hai la fortuna di incontrare le personalità più influenti e gli intellettuali più apprezzati del mondo, come io incontro i contadini e i pescatori gazawi, alla fine di questo mio videomessaggio voglio invitarti a re-incontrare le pagine di un premio Nobel per la letteratura che ci ha appena lasciato, José Saramago, e per l’occasione voglio leggerti un paio di passi dei suoi libri. “Vivere nell’ombra dell’olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni.” “Quello che sta accadendo in Palestina è un crimine che possiamo paragonare agli orrori di Auschwitz”.
Caro Saviano, lascia la parte dei carnefici, scendi dal carro armato e viene ad abbracciare le vittime. Ti aspettiamo a braccia aperte. Restiamo umani».

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