No alll’oscurantismo, no al fondamentalismo religioso. Sì alla propria libertà e ad essere padrone del proprio corpo: “Sii donna, fa’ quel che ti pare”, è la risposta-slogan con cui alcune marocchine hanno reagito alla campagna contro il bikini lanciata nel nord Africa nel 2015 e ripresa di recente in Marocco. A Rabat al grido di “Sii uomo” (traduzione dell’hashtag “Koun-rajul”) si invitano gli uomini a non far uscire di casa mogli, fidanzate o figlie con abiti succinti o in bikini in spiaggia. Per la prima volta, però, al tormentone-divieto, diventato virale grazie ai social, alcune attiviste hanno reagito duramente. Usando la stessa arma: Facebook.
La campagna maschilista si è presto diffusa in tutto il Marocco attraverso una pagina Facebook filo-islamista. A sostegno del divieto di bikini vengono riportate le parole del Profeta, citando il Corano: “Ogni donna che tolga i suoi abiti fuori dalla casa del marito, in verità è come togliesse il velo tra se stessa e Dio”.
Finora più di 4mila utenti hanno messo “mi piace” alla campagna anti-bikini e in quasi 14mila l’hanno condivisa. Non solo, però. In poche ore, infatti, sono sbocciate pagine Facebook di dissenso e condanna al divieto, con foto degli Anni ’60 e ’70, quando sulle spiagge di Casablanca il costume a due pezzi era di moda come a Saint Tropez e si vedevano donne in minigonna come a Londra.
Alcune attiviste hanno commentato: “Solo un imbecille può aderire a una campagna del genere”. E ancora, c’è chi parla di “aberrazione”, di “un passo indietro di oltre 100 anni” o “la donna è un essere umano, chi sei tu per decidere cosa debba indossare?”.
Le donne del Marocco si ribellano: indossare il bikini è un nostro diritto
I tradizionalisti avevano lanciato una campagna per convincere gli uomini a impedire a mogli e figli di indossare abiti succinti. La risposta: facciamo quello che vogliamo
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17 Luglio 2018 - 16.55
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