Gli scenari possibili della Catalogna post-elezioni
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Gli scenari possibili della Catalogna post-elezioni

Con Carles Puigdemont in Belgio e nessun sostituto ancora in vista, come si potrebbe risolvere lo stallo politico in Catalogna?

Bandiera indipendentista
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31 Agosto 2018 - 12.05


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di Andrea Lapponi
I balconi di Barcellona sono ancora adornati con bandiere. Molte di quelle indipendentiste sono ingiallite, altre sono state sostituite con delle nuove, ma restano, nella media della città, maggiori a quelle tutte nuove e brillanti della spagna monarchica. Ci sono zone “alte” come Sarriá o Sant Gervasi, in cui quelle indipe sono rare, ma anche in quartieri “bassi” come El Carmel ci sono vie che hanno una maggioranza unionista, non sufficiente però a modificare la media cittadina, che vede in netta maggioranza le bandiere indipe (unite anche a quelle che chiedono democrazia, femminismo, referendum o dialogo) su quelle monarchiche.
Le piazze sono state calme in questi ultimi tempi, ma non appena si è riformato il parlamento subito si sono riempite, con i comitati di difesa della repubblica in prima linea che hanno trasformato il recinto del parque de la Ciutadela, dove risiede il Parlament, in un drappo giallo simbolico.
Migliaia di persone pronte a sostenere i propri deputati, dimostrano che sono anche pronti a continuare la battaglia per la costruzione di una repubblica. Ma come?
Il “nemico”, l’attuale governo spagnolo, è in grosse difficoltá. Grazie alle elezioni che loro stessi hanno convocato, si sono trasformati in un partito residuale in Catalunya, che neanche è in grado di formare un gruppo parlamentare. Non è sicuro che riuscirá a pagare le pensioni, non è in grado di approvare una legge di bilancio giá dall’anno passato, inoltre nei suoi infiniti processi per corruzione escono nuovi imputati che decidono di collaborare, e cantando fanno tremare ancora di più le basi del potere del partito popolare.
Anche le sinistre sono in difficoltá in Spagna. Sia la vecchia sinistra del PSOE, che la nuova sinistra di Podemos sono stati schiacciati dal confronto tra nazionalismo spagnolo e indipendentismo catalano, ma se gli si presentasse l’occasione legale di risolvere l’assunto, potrebbero trovare un nuovo protagonismo, sempre che ne abbiano il coraggio politico.
Solo Ciutadanos è contenta della situazione. I sondaggi gli danno forza, facendo intravedere che potrebbero superare il PP in voti, e forse anche puntare ad essere il primo partito in Spagna, ma i sondaggi valgono fino ad un certo punto, ed anche i voti in Catalunya andranno confermati, visto che molti erano voti di protesta, fatti da persone che su un piano ideologico probabilmente non torneranno a premiare Ciutadanos.
Nel mentre, dal Belgio, Puigdemont insiste ad essere l’unico “presidenziabile”, e a non tenere un piano B. Ovviamente, se si rendesse pubblico un piano B, questo si trasformerebbe subito in piano A e brucerebbe la canditatura di Puigdemont.
La vicepresidente del governo, Soraya Sáenz de Santamía, sostiene che Puigdemont non sará presidente, e che se ci provasse lo Stato farebbe di tutto per impedirlo, e ci riuscirá.
Certo, disse le stesse cose rispetto al referendum, cioè che non ci sarebbe mai stato. E Rajoy la sera del primo ottobre disse che effettivamente non c’era stato nessun referendum: come dipingere realtá parallele, che risultano poi puramente virtuali. 
Quindi, ragioniamo.
L’ipotesi telematica non è da escludere a priori. I “letrats”, gli avvocati a supporto della “mesa del parlament” hanno detto che non è consigliabile, che i marchi legali sono troppo stretti. Ma è un parere non vincolante, dovrá essere la mesa a decidere, e nel caso giá è noto che il PP fará ricorso al Tribunal Costitucional. Ma ipotizziamo che lo facciano. Puigdemont è eletto via telematica, e poi?
Poi due possibili soluzioni, una teatrale, l’altra politica.
La teatrale è probabilmente quella che preferisco… una volta eletto si presenta in spagna e si lascia arrestare. Come ci rimangono in Europa? Come reagisce il mondo democratico a vedere il presidente appena eletto in manette? E un’immagine vendibile per il governo spagnolo? Ovviamente no!
Poi l’altra, quella politica, continuare a governare da Bruxelles.
Questa opzione viene vista bene da Puigdemont: se oggi la Catalunya è governata da Madrid perché non potrebbe esserlo da Bruxelles. Ma è mal vista da molti in Catalunya, prima di tutto dai socialisti e dai “comunes”. Non che si conti sul loro voto ovviamente, ma molti nell’indipendentismo sostengono oramai la necessitá di allargare il bacino di consensi con l’avvicinamento di coloro che sono favorevoli ad un referendum di autodeterminazione e che sono anche contrari al 155 (comunes) che porterebbe ad un’alleanza che supererebbe largamente il 50% di appoggio, che darebbe quella piena legittimitá che l’indipendentismo cerca ma ancora non è riuscito ad ottenere.
Poi, i socialisti che, come Podemos, potrebbero essere utili in campo nazionale per un referendum concordato, o in caso di ridiscussione della costituzione.
Ma anche all’interno del mondo indipe non è vista bene come opzione, dato che da parte di differenti rappresentanti di Esquerra più volte si è sentito dire che è una strada impraticabile: il governo deve essere presenziale! Inoltre un governo cosí fatto durerebbe il tempo della pronunciazione del ricorso dei popolari al costituzionale, e senza contare che si riapplicherebbe il 155 immediatamente.
Ma di ipotesi Puigdemont ce n’è un’altra che a me piace tanto. 
Visto l’alto livello di spionaggio che i catalani sono stati in grado di mettere su, pobabilmente come sostengono alcuni con il Mossad in aiuto dei Mossos d’Esquadra, dimostrato più volte dalla gestione degli attentati dell’estate scorsa, dal rocambolesco arrivo delle urne in Catalunya, fino alla misteriosa fuga di Puigdemont che lo ha fatto apparire dal nulla nella capitale belga, grazie all’aiuto di un Mosso che si è preso le ferie, vari cambio macchina, ed a varie persone e strutture nella Catalunya francese. Quindi, dicevamo, visto l’alto livello di spionaggio, sarebbe ipotizzabile un’apparizione fantastica di Carles Puigdemont nel Parlamento catalano il giorno dell’investitura! Plateale e televisivamente vendibile! E ancora più provocante, se dicesse: ora arrestatemi! Lo considererei un regalo personale, alimentando l’ego della mia voglia colpi di scena!
Invece l’ipotesi, la più normale, la più logica, che vede un governo centrale perdere le elezioni e ritrovarsi lo stesso scacchiere che con tanta energia e denaro aveva combattuto, riconoscere la sconfitta e permettere la formazione del governo leggittimamente eletto (facendo togliere al Fiscal general de el estado l’ordine di cattura e prigione preventiva a Puigdemont) sembra decisamente fantascienza. E questo nonostante il fatto che ieri il primo ministro irlandese, in un intervento al Parlamento europeo, ha dichiarato che la Spagna dovrá trovare una forma di dialogo con gli indipendentisti, visto che hanno vinto nuovamente le elezioni. Fantascienza, appunto.
Ma, come suggerisce il giornale ARA, ce ne potrebbe essere un’altra di ipotesi.
L’ipotesi parte dalla sentenza del giudice Llarena che nega la libertá a Oriol Junqueras. Il magistrato in quella sentenza dice che il rispetto dei diritti del deputato Junqueras non è incompatibile con il regime di prigione preventiva, e per questo suggerisce il voto per delega. Quindi, come rispetterebbe i diritti di Puigdemont se il nuovo presidente del parlamento catalano, Roger Torrent, dichiara, appena chiuse le consultazioni (che sta facendo in tutta fretta), che Puigdemont è il candidato che conta con il maggior supporto per essere eletto a presidente del governo? Secondo il giornale ARA, il magistrato dovrebbe permettere a Puigdemont di partecipare all’investitura. Perchè? Perchè a differenza di Junqueras, il candidato alla presidenza del governo deve presenziare l’investitura e fare un discorso programmatico che necessita la discussione dell’emiciclo. Quindi Llarena dovrebbe autorizzare Puigdemont a partecipare al dibattito. Ma tutto questo ragionamento funziona se Puigdemont torna in Spagna e si lascia arrestare: a quel punto, secondo ARA, potrebbe nominare un governo, con vicepresidenti abilitati con tutte le deleghe, e lasciare loro governare visto che sarebbe impossibile dall’interno del carcere. Questo annullerebbe il 155, e lo renderebbe il “presidente martire in prigione”, senza permettere nessun ricorso al Tribunal Costitucional, e nessuna scusa di illegalitá per una nuova applicazione del 155.
A tutte queste ipotesi c’è ovviamente da aggiungere il famoso piano B, di cui non si sa niente, nessuno ne parla, ma tutti sanno che esiste.
I tempi sono stretti, non a caso Torrent sta affrettando le consultazioni, perché c’è tempo fino a fine mese per un’investitura, che se non avvenisse, porterebbe a nuove elezioni che in pochi vorrebbero (ciutadanos), in molti temono (le due sinistre) ed alcuni guardano con terrore (PP), ma che sopratutto poterebbero mettere a dura prova la resistenza popolare, quindi anche nel mondo indipe non sono ben viste….
Pochi giorni ancora per sistemare gli ultimi pezzi sulla scacchiera. I campioni di scacchi continuano ad essere fondamentali per la comprenzione della strategia, anche se c’è chi sostiene che i veggenti siano più indicati. 
Lo scacchiere catalano ancora è in grado di rimischiare le carte spagnole, e con esse quelle europee.
Tutto è ancora possibile.
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