Ricordatevi di Matthew Shepard, ucciso dalle bestie omofobe che ancora vivono tra noi
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Ricordatevi di Matthew Shepard, ucciso dalle bestie omofobe che ancora vivono tra noi

Oggi sono 20 anni dall'omicidio di Matthew Shepard, uno degli eventi più significativi della storia della lotta per i diritti civili

Matthew Shepard
Matthew Shepard
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12 Ottobre 2018 - 19.55


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Era il 7 ottobre del 1998. Siamo a Laramie, nel Wyoming. Matthew è a un bar della città dove si è da poco trasferito per frequentare il college. È un bel ragazzo, gli occhi azzurri, lo sguardo innocente e giovane che denuncia i suoi 21 anni. 

Matthew è, era, tante cose: un bravo figlio, devoto ai genitori che dormivano sereni a Casper, la sua città natale; un bravo studente, al primo anno di Scienze Politiche. Era anche gay, dichiarato, una cosa ancora rara sul finire degli anni ’90, nell’America tormentata dai cattolici fondamentalisti che esibivano alle loro riunioni cartelli con scritto God Hates Fags, Dio odia i froci. 

Ma era anche l’America che iniziava a risvegliarsi dal torpore dei diritti civili: poche settimane prima Ellen Degeneres, una delle più popolari conduttrici tv, aveva fatto coming out in diretta televisiva, scuotendo molto l’opinione pubblica americana. La sit-com televisiva Will & Grace, la prima ad avere come protagonista un personaggio dichiaratamente gay aveva debuttato pochi giorni prima, il 21 settembre. Insomma, negli Stati Uniti si parlava di omosessualità, in una maniera nuova, diversa, che prometteva cautamente un futuro più luminoso. 

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Un futuro che a molti non piaceva. Non piaceva, ad esempio, a due persone, Aaron James McKinney e Russell Arthur Henderson, che si trovavano con Matthew in quel bar. Lo hanno capito subito che Matthew era gay, un frocio, come avranno pensato loro. Matthew, invece, non aveva capito di avere di fronte due bestie. Era convinto di aver trovato due amici, due persone gentili che gli avevano offerto un passaggio che lui fu tanto ingenuo da accettare. 

Fu un ciclista a trovarlo. Di buon mattino, passava davanti a una staccionata abbandonata in un campo, dove Matthew, in fin di vita, stava legato, completamente coperto di sangue a eccezione di dove erano scorse le lacrime, di dolore e di rabbia, che aveva versato in quella lunga notte. La testa era completamente fracassata, i vestiti ridotti a brandelli, i denti sparsi ai suoi piedi. Gli avevano anche preso le chiavi di casa, per derubarlo. Era inconsciente, e lo sarebbe rimasto per una settimana, fino alla mezzanotte del 12 ottobre, quando morì. 

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Il nome di Matthew Shepard divenne un grido di dolore della comunità Lgbt americana: le immagini del suo corpo martoriato fecero il giro delle televisioni, provocando un misto di orrore e spavento. Per la prima volta, il popolo americano vedeva l’omofobia, vedeva gli effetti dell’odio, della bestialità degli uomini e di lì a poco la legge contro l’omofobia prendeva proprio il nome di Matthew Shepard. 

Ma prima, ci furono i funerali, disturbati anche in questo caso da bestie feroci che urlavano Matthew rots in hell, Matthew marcisce all’inferno. Bestie senza anima né Dio, che se esiste li starà facendo, loro sì, marcire nel loro stesso odio. I genitori avevano così paura si questi animali, che minacciavano di deturpare la tomba di Matthew se fosse stato sepolto in un cimitero cattolico, che non lo seppellirono mai: per 20 anni le ceneri del ragazzo non hanno avuto un luogo di riposo. 

Oggi, a 20 anni dalla morte, finalmente Matthew verrà seppellito, nella Cattedrale episcopale di Washington. In questi 20 anni il suo sacrificio, non richiesto, di cui avremmo fatto a meno, è però servito a svegliare le coscienze, tristemente ancora addormentate in molte parti del mondo. Ed è per questo che va riletta la storia di Matthew Shepard, un ragazzo gentile dallo sguardo buono, ucciso come una bestia da diavoli travestiti da esseri umani. 

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