Gennaio Nero: il simbolo della lotta per l’indipendenza e l’integrità dell'Azerbaigian
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Gennaio Nero: il simbolo della lotta per l’indipendenza e l’integrità dell'Azerbaigian

Nel ricordo del Qara Yanvar quando ci fu l'invasione di più di 25.000 militari sovietici delle forze di sicurezza, unviate sostanzialmente per stroncare l’indipendenza

Il gennaio nero dell'Azerbaigian
Il gennaio nero dell'Azerbaigian
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20 Gennaio 2019 - 13.09


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di Daniel Pommier Vincelli

I popoli si auto-definiscono in termini di forza e ruolo nello scenario internazionale, appartenenza etnica, caratteristiche culturali ma anche in rapporto alla propria storia, alla propria biografia collettiva e individuale. E’ il caso, questo, della Repubblica dell’Azerbaigian. Uno Stato del Caucaso meridionale che si è liberato del dominio dell’Urss nel 1991 intraprendendo una propria via nazionale autonoma. Accanto alle sfide (e ai successi) materiali, economici e geopolitici, anche l’Azerbaigian ha affrontato il tema della continua costruzione identitaria. In un contesto scosso da instabilità e minacce, interne ed esterne, la società azerbaigiana ha definito una sua identità nazionale come strumento di coesione sociale. Lo ha fatto appellandosi ai grandi momenti collettivi della sua esperienza storica, in particolare del turbolento periodo che ha portato all’indipendenza. 
 
Si celebra in questi giorni il 29° anniversario del cosiddetto gennaio nero (Qara Yanvar), quando la città di Baku – all’epoca capitale della Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaigian – venne invasa da più di 25.000 militari sovietici delle forze di sicurezza, lì inviate sostanzialmente per stroncare l’indipendenza e soffiare sul fuoco delle tensioni tra le repubbliche sovietiche in fase di separazione dall’Urss. Le truppe di Mosca, nella notte tra 19 e 20 gennaio 1990, repressero nel sangue le manifestazioni di protesta pacifica dei cittadini contro la decisione della vicina repubblica sovietica armena di annettere la regione azerbaigiana del Nagorno Karabakh e la posizione – parziale e unilaterale – delle autorità centrali di Mosca in questa questione.
Il risultato di una vera e propria azione di guerra civile fu l’assassinio di 147 azerbaigiani, cittadini sovietici e il ferimento di altri 774. La decisione della leadership sovietica di invadere Baku condusse, in una eterogenesi dei fini, a una completa delegittimazione non solo dei suoi dirigenti ma dell’Urss come sistema politico, sociale e identitario. Il gennaio nero fa uscire l’Azerbaigian dall’Urss, dal punto di vista dell’identificazione prima ancora che dal punto di vista istituzionale. 
 
Come si è detto i grandi eventi e contenuti che definiscono le identità nazionali si basano sulle grandi esperienze collettive, così come su alcune storie individuali e biografiche, “simbolo” di un’esperienza collettiva. E’ il caso della vicenda, fortemente sentita nella memoria storica popolare azerbaigiana, di Ilham e Fariza, due vittime degli eventi del 1990. La vicenda è semplice quanto drammatica. E’ la storia di una giovane coppia, lui 27 anni e lei 19, appena sposati – il 30 giugno 1989 – e che viveva la vita ordinaria e semplice di milioni di azerbaigiani sovietici. Ilham fu una delle vittime della repressione sovietica, scomparendo nella notte del 19 gennaio mentre con altri concittadini cercava inutilmente di fermare i carrarmati sovietici. Fariza, sua moglie, non resse al dolore, e si suicidò il giorno dopo nonostante fosse incinta di tre mesi. Anche lei, in forma postuma, divenne una vittima dell’efferata repressione sovietica. Da allora la loro storia ha commosso milioni di azerbaigiani e la vicenda è diventata il simbolo più intimo e sentito della tragedia nazionale del gennaio nero; un evento luttuoso, che ha provocato vittime, ma che al tempo stesso ha forgiato l’autopercezione della società azerbaigiana. In una sorta di interessante prestito culturale o “invenzione della tradizione” il 30 giugno è diventato una sorta di San Valentino azerbaigiano in cui celebrare l’amore, la fedeltà, la dedizione all’altro e agli ideali, connettendo le esperienze personali e le dinamiche collettive. L’identità nazionale è fatta anche di questo.

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