Open Arms, la capomissione Montes sfida la politica dell'odio: "se salvare vite è un crimine, sono una trafficante"
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Open Arms, la capomissione Montes sfida la politica dell'odio: "se salvare vite è un crimine, sono una trafficante"

La capomissione Ani Montes è indagata per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ma si dice sicura: "una bugia non diventa verità solo perché la ripeti più volte"

Ani Montes
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10 Agosto 2019 - 10.19


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Un altra donna sfida la politica dell’odio: Ani Montes Mier, 31 anni, è la capomissione di Open Arms, da otto giorni in mare con 121 migranti a bordo cui si sono aggiunti altri 39 naufraghi salvati venerdì sera e ha dichiarato: “se salvare vite in pericolo è un crimine, io sono una trafficante. Ma se parliamo dei trafficanti che guadagnano milioni di euro, loro sono a terra in un posto sicuro, non in mare, non rischiano la vita come queste 121 persone che stiamo cercando di aiutare”.
“Aiutare le persone in stato di necessità è quello che ogni essere umano deve fare – sottolinea Ani Montes Mier – Preferisco invecchiare con la chiara coscienza di aver fatto la cosa giusta. Non importa cosa può accadermi se loro sono in salvo”.
Montes, in merito al fatto che è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violenza privata insieme al comandante Marc Reig, sottolinea che “è troppo facile provare che noi non siamo in contatto con nessun trafficante. È la ragione per cui stiamo ancora lavorando, perché non esiste alcuna prova. Una bugia più volte detta non diventa verità solo perché viene detta”. 
“Noi non stiamo violando alcuna legge, lavoriamo nello stesso quadro giuridico in cui abbiamo lavorato negli ultimi anni – aggiunge – È la ragione per cui ci sentiamo abbandonati dagli Stati: noi stiamo rispettando le convenzioni internazionali che gli Stati hanno firmato. Noi siamo qui per dimostrare che loro le stanno violando, non noi”.
E sugli insulti ricevuti sui social Ani Montes Mier dice: “Ho cose più importanti da fare che leggere i commenti di persone che scrivono da un posto con una cena, una doccia calda, un letto, di cose di cui non sanno nulla. Non ho tempo da perdere, devo portare a terra questa gente. Aiutateci”.
“Tutti sanno quali sono i porti sicuri più vicini, Lampedusa e Malta – conclude – Ma io voglio fare un altro tipo di appello: non chiedo solo un porto sicuro dal punto di vista giuridico,ma anche dal punto di vista umano. La solidarietà non muore mai. Io non la lascerò morire”.

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