In Siria un Natale di sangue nella drammatica guerra infinita
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In Siria un Natale di sangue nella drammatica guerra infinita

Nel nord la pulizia etnica contro i curdi voluta da Ankara con la complicità degli Stati Uniti. Nella provincia di Idlib l'offensiva di Assad e russi contro i ribelli che provoca morti tra i civili

Sfollati dalla provincia di Idlib
Sfollati dalla provincia di Idlib
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Dicembre 2019 - 10.57


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Siria, Natale di sangue. In una guerra infinita, che ha ridotto un Paese in un cumulo di macerie e un popolo in una moltitudine di sfollati. Siria, dove la pulizia etnica  di casa, dove l’autocrate di Ankara, il presidente Recep Tayyp Erdogan, decide di annientare i curdi siriani, e la straordinaria esperienza di democrazia dal basso del Rojava, con la luce verde di Donald Trump, l’ignavia delle Nazioni Unite e la complicità silente dell’Europa. Siria, per non dimenticare. Neanche in un giorno di festa. Soprattutto, in un giorno di festa.

Esodo disperato

L’avanzata delle truppe governative siriane appoggiate dall’aviazione russa nella provincia di Idlib – unica rimasta nelle mani dei ribelli anti-Assad – prosegue e porta con sé ancora morte: è di almeno 8 morti, tra i quali cinque bambini, il bilancio di un raid aereo su un edificio scolastico utilizzato come rifugio in un villaggio nella zona. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani che attribuisce la responsabilità del bombardamento ad “aerei russi”.

Intanto è salito a 70mila sfollati in pochi giorni il numero dei civili siriani che hanno dovuto abbandonare le loro case e i campi profughi del nord-ovest della Siria, a sud-est di Idlib, a causa degli intensi bombardamenti aerei russi e governativi siriani. Lo riferiscono media siriani in contatto con l’Ufficio Onu per il coordinamento umanitario (Ocha). I profughi, in maggioranza donne, anziani e bambini, hanno lasciato la zona di Maarrat an Numan, a sud-est di Idlib e sono ora ammassati all’addiaccio ed esposti alle intemperie. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani, l’altro  ieri altri 12 civili erano stati uccisi in attacchi aerei attribuiti all’aviazione siriana e russa nella regione di Maarrat an Numan. Nei giorni scorsi, 24 civili erano rimasti uccisi nei distretti di Maarrat Numan e in quello di Jisr Shughur. In totale sarebbero più di 60 le vittime degli scontri in atto nelle ultime 24 ore. A dare i numeri sull’ultimo flusso di sfollati in fuga dai raid del regime di Damasco, sostenuto da Mosca, sono gli osservatori delle Nazioni Unite che avvertono come a rischio ci siano 3 milioni di civili e che sottolineano come questo nuovo flusso di sfollati si va ad aggiungere al milione che vive a ridosso del confine. Ad essere particolarmente colpite in queste ore, Saraqeb e Maaret al-Numan due importanti città ribelli che si trovano sull’autostrada che collega la capitale Damasco con la città settentrionale di Aleppo, la più grande del Paese.

La difesa civile siriana dell’opposizione, nota anche come White Helmets, ha affermato che entrambe le città sono ormai semideserte. I campi ufficiali al confine tra Siria e Turchia sono stracolmi, la maggior parte degli sfollati vive in campi informali, dove le consegne di aiuti sono pochissime. A complicare la situazione, la carenza paralizzante di carburante, che ha fatto aumentare ulteriormente il costo del cibo e dei trasporti, minaccia anche le cure mediche nella provincia. I prezzi del carburante sono più che raddoppiati negli ultimi due mesi mettendo in ginocchio un’economia già ridotta all’osso Da quando è fallito il cessate il fuoco imposto alla fine di agosto, il governo di Damasco fa pressione per riprendere l’accesso all’autostrada Damasco-Aleppo. E le truppe di Damasco sono arrivate nei giorni scorsi a Maaaret al-Numan. A sostenere i gruppi jihadisti, impegnati anche contro le forze curde nel nord Est della Siria, sono le forze turche.

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Migliaia di persone sono in fuga verso la Turchia. A seconda delle fonti le stime variano da 30mila a 80mila. Il presidente turco ha messo in guardia l’Europa di fronte a questa nuova ondata di rifugiati: “la Turchia non può accogliere una nuova ondata di rifugiati provenienti dalla Siria”, ha detto Erdogan nei giorni scorsi. “Gli effetti negativi di questa pressione che subiamo saranno sentiti da tutti i Paesi europei, a cominciare dalla Grecia”, ha concluso. Il prossimo obiettivo delle truppe governative siriane è la città di Maarrat an Numan per anni roccaforte delle opposizioni siriane ma anche luogo simbolo della resistenza non violenta della popolazione contro le milizie radicali, tra cui qaidiste.  Le forze di Damasco sono ormai ad appena tre chilometri dalla città.

L’appello di Guterres

Il primo obiettivo di Bashar al-Assad sembrava essere riaprire l’autostrada, chiusa dai ribelli dal 2012. Le Nazioni Unite hanno avvertito del crescente rischio di una catastrofe umanitaria lungo il confine turco e confermano che la metà dei civili di Idlib è già stata sfollata a seguito delle continue notizie di attacchi aerei nella zona. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres è allarmato dall’escalation dei combattimenti e chiede una sospensione immediata delle ostilità, dopo aver negoziato sei ore di cessate il fuoco umanitario per consentire il passaggio sicuro a oltre 2.500 persone in fuga. Negli ultimi tre giorni, secondo alcune fonti, circa 39 villaggi sono stati bombardati a nord di Hama, a sud di Idlib e nei governatorati occidentali di Aleppo, mentre secondo quanto riportato da Stephane Dujarric, portavoce di Guterres, 47 comunità sono state colpite da attacchi aerei: “Le Nazioni Unite sollecitano tutte le parti a garantire la protezione dei civili e a consentire l’accesso degli aiuti umanitari e il pronto soccorso di tutti i bisognosi.” Gli abitanti di villaggi e città nella parte meridionale della provincia di Idlib sono stati costretti alla fuga su camion, auto e moto

Il quotidiano filo-governativo Al-Watan ha affermato che le truppe siriane erano a pochi chilometri di distanza da Maaret al-Numan, e che la città potrebbe arrendersi all’esercito senza combattere. La Difesa Civile Siriana dell’opposizione, nota anche come Caschi Bianchi, dice che ormai Maaret al-Numan e la vicina città di Sarqeb sono quasi vuoti dopo la fuga di decine di migliaia di civili. “Si combatte a pochi chilometri da quiracconta al Sir padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Knaye, nella Valle dell’Oronte. “Da tre giorni assistiamo a bombardamenti. L’intenzione dell’esercito siriano – si sente dire – è riaprire vie di comunicazione ritenute strategiche, tutto in accordo con Russia e Turchia. Ma la risposta jihadista si fa sentire, hanno armi e un gran numero di miliziani. Attaccano l’esercito siriano quando cala la nebbia perché questa impedisce l’uso degli aerei rendendo i soldati di Assad più facili da colpire. Si ritirano quando invece esce il sole”.

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La mattanza di bambini

I bambini stanno sopportando il peso dell’intensificarsi della violenza nel nord-ovest della Siria. Più di 500 bambini sono stati feriti o uccisi nei primi nove mesi del 2019 e almeno 65 bambini sono stati uccisi o feriti solo nel mese di dicembre – dichiara Ted Chaiban, Direttore Regionale dell’Unicef  per il Medio Oriente e il Nord Africa – La recente intensificazione della violenza nelle aree densamente popolate di Ma’arat An-Nu’man, a sud della città di Idlib, ha spinto migliaia di famiglie a fuggire verso nord. Dall’11 dicembre più di 130.000 persone, tra cui oltre 60.000 bambini, sono sfollate da Idlib meridionale, da Hama settentrionale e da Aleppo occidentale a causa dell’intensificarsi dei combattimenti. Questi sfollamenti stanno aggiungendo pressione sulle generose comunità ospitanti e sui campi sovraffollati. Molte famiglie non hanno ancora un rifugio e dormono all’aperto. L’aumento della violenza e degli sfollamenti arriva con il crollo delle temperature nella regione, con inondazioni e piogge gelide. I bambini che vivono nei campi o in altre sistemazioni estremamente precarie isolati sono esausti a causa dei continui spostamenti e particolarmente esposti al freddo, alle malattie e in casi estremi alla morte.

L’accesso umanitario    rimarca Chaiban -deve essere sostenuto per fornire assistenza salvavita a centinaia di migliaia di bambini in tutto il nord-ovest e in altre parti della Siria. Dopo nove anni di guerra, i bambini in Siria continuano a subire indicibili violenze, traumi e sofferenze. I bambini devono essere sempre protetti anche in tempi di conflitto. Questo è un obbligo per tutte le parti in conflitto, non una scelta. L’Unicef invita tutte le parti in conflitto a cessare le ostilità e a mettere i bambini al primo posto una volta per tutte”.

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Il Sultano e lo Zar

La Turchia sta trattando con la Russia nel tentativo di raggiungere una nuova tregua nei bombardamenti sulla provincia di Idlib. Lo riferiscono i media internazionali. “Stiamo seguendo da vicino il processo per porre fine agli attacchi e questi attacchi dovrebbero concludersi immediatamente con un nuovo cessate il fuoco”, ha detto il portavoce della presidenza, Ibrahim Kalin, in una conferenza stampa. “Questa è la nostra principale aspettativa dalla parte russa”, ha aggiunto. 

Per non dimenticare

“Qualcuno si è assuefatto a quasi nove anni di massacri. Qualcun altro si è lasciato irretire dalla narrativa ufficiale russo-siriana per cui la guerra è finita e c’è solo da risolvere un residuo problema locale di terrorismo. C’è chi diffida delle fonti, di ogni fonte, e non crede più a niente. Poi c’è chi, non riuscendo ad abbracciare la causa complessiva dei diritti umani, ha abbandonato i siriani e si è schierato con i curdi (che sono sempre siriani, ma diversi). Insomma, abbiamo dimenticato la Siria”, annota con amarezza e indignazione Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Nella zona di Idlib è in corso da aprile una duplice sanguinosa offensiva: terrestre da parte delle forze siriane, aerea e recentemente anche navale da parte di quelle russe. A Idlib – ricorda Noury – non ci sono solo “terroristi” o “ribelli moderati” (a seconda della narrativa). Ci sono gli abitanti che non sono riusciti ad andar via o non hanno voluto farlo. C’è un milione e mezzo di persone cacciate dalle forze governative mano a mano che riconquistavano zone prima sotto il controllo delle opposizioni armate e ammassate lì secondo una precisa strategia militare. Quando è scattata l’offensiva russo-siriana sulla provincia di Idlib, insomma, c’erano quasi tre milioni di persone. A fare notizia, in queste ultime ore, sono le parole del premier turco Erdogan, che lamenta un nuovo flusso di decine di migliaia di rifugiati dalla Siria e manda all’Europa l’avviso che la Turchia non può accoglierli. Ha fatto meno notizia il raid aereo che, ieri mattina, ha colpito un edificio scolastico adibito a rifugio causando la morte di otto persone, tra cui cinque bambini”, rimarca il portavoce di Amnesty.

Secondo Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef per l’Italia, nella provincia di Idlib più di 500 bambini sono stati feriti o uccisi nei primi nove mesi del 2019 e almeno 65 bambini sono stati uccisi o feriti solo nel mese di dicembre. Oggi o domani o nei prossimi giorni arriveranno dal fronte le ultime notizie dall’assedio di Maarat al-Numan. Notizie di morte, di dolore, di sofferenza e di crimini destinati a restare impuniti. Non c’è pace, non c’è festa nell’inferno siriano.

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